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Rivista di diritto finanziario e scienza delle finanze. 1996, Anno 55, settembre, n.3
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delle società madri e figlie, che interpreta estensivamente il disposto della direttiva recepita. In dottrina (76) si è sostenuto che la più puntuale definizione del requisito dell’assoggettamento ad imposta prevista dal decreto delegato sulle società madri e figlie sia applicabile anche per la normativa qui in commento, perchè rappresenta l’interpretazione fornita dal governo italiano del requisito
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Rivista di diritto finanziario e scienza delle finanze. 1996, Anno 55, settembre, n.3
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— 438 — sul piano interno, e cioè delle operazioni tra società italiane, della normativa della Direttiva qui in commento, prevista per le operazioni transnazionali. Anche in questo caso la giustificazione risiedeva nella necessità di una disciplina uniforme delle « operazioni finalizzate esclusivamente alla riorganizzazione aziendale » (22). Si può così procedere ad esaminare il principio
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Rivista di diritto finanziario e scienza delle finanze. 1996, Anno 55, settembre, n.3
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— 506 — Su queste basi, si può determinare il regime previsto dalla norma in commento, formulando un’altra ipotesi interpretativa. Secondo questa interpretazione bisogna distinguere tra beni già aventi un valore fiscalmente riconosciuto in Italia, in quanto facenti parte di una stabile organizzazione dell’incorporata preesistente alla fusione, e beni non aventi un valore fiscale italiano pre
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collocamento (120). 119 120 commento non deve colmare un « vuoto » normativo, ma si sovrappone alla disciplina « ordinaria » della fusione, che appunto già esplicita tale principio. Maisto, The imple-mentation, cit:, p. 483, sottolinea che il mancato realizzo di plusvalori o minusvalori nella fusione « is considered an automatic consequence of thè merger itself », e perciò non necessita
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la possibilità di attrarre ad imposizione 1 plusvalori, anche in considerazione dell’assenza, nel caso in questione, di una norma di « chiusura » come quella sulla destinazione dei beni a finalità estranee all’impresa (204). La normativa qui in commento espressamente stabilisce l’imponibilità del conguaglio in denaro (205) eventualmente corrisposto ai soci dell incorporata o fusa. Ciò in coerenza
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tra società estere — anche alle fusioni e scissioni in cui tutte le società partecipanti sono non residenti. Il richiamo alla lettera d) dell’art. 1, quindi, comprende anche le operazioni di fusione e scissione, e non è limitato al solo conferimento d attivo. Che la norma in commento riguarda anche le fusioni e le scissioni si ricava infine dal comma quattro delFart. 2, citato, che, prevedendo l’irrilevanza
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— 485 — Altro aspetto della neutralità della fusione transnazionale, come notato, è il vincolo di ricostituzione dei fondi in sospensione d’imposta. L’art. 3 del Decreto qui in commento, che recepisce Fart. 5 della Direttiva (141), prevede che i fondi in sospensione d’imposta iscritti nell'ultimo bilancio della società incorporata o fusa residente concorrono a formare il reddito
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— 473 — Al riguardo, comunque, si ritiene che la parte « domestica » della fusione (trasferimento di beni tra due società italiane) sia disciplinata dalla normativa nazionale, e non da quella transnazionale qui in commento (111). Ciò si ricava indirettamente dalla disciplina delle scissioni transnazionali, ed in specie dalla definizione fornita dalla lett. b) dell art. 1 del D.lgs. n. 544
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più delicata è se la disposizione in commento si applichi, oltre che nei confronti di soci residenti in Italia, anche nei confronti di soci residenti all’estero, al limite anche residenti in uno Stato non appartenente all’Unione Europea (200). Con riguardo a questi ultimi, va notato che secondo la normativa italiana ì non residenti sono soggetti alle imposte sui redditi italiane quando realizzano « redditi
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il primo testo di legge che prevede un regime permanente e non meramente agevolativo di talune operazioni riconducibili ad un ampliato concetto di riorganizzazione societaria. È per questo che, sebbene la sua operatività sia limitata all’ambito transnazionale, non può negarsi al decreto in commento una valenza che prescinde dal suo campo applicativo: il decreto finalmente introduce nel nostro ordinamento
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l’assegnazione proporzionale delle azioni delle beneficiarie ai soci della scissa. Questa disposizione, in conformità ai principi che postulano il mantenimento del rapporto tra imprenditore e impresa, garantisce che nessun socio venga privato del legame con ogni parte del patrimonio aziendale (33). Passando ora all’esame dell’aspetto più peculiare delle disposizioni qui in commento, che disciplinano
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oltre che nei principi, ma a disciplinare, specie per gli Stati come l’Italia che adottano un sistema di tassazione dell’utile mondiale, una situazione che, nel suo complesso, potrebbe dar luogo a fenomeni di doppia imposizione. Passando all’esame della disciplina normativa, va notato che il comma terzo dell’art. 2, del Decreto qui in commento prevede che le plusvalenze della stabile organizzazione estera
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al concambio ovvero all’annullamento », dispone che i maggiori valori iscritti in bilancio per compensare queste « differenze negative » seguono il regime del primo comma qui in commento. In sostanza, il quarto comma chiaramente riguarda tanto il disavanzo da concambio quanto quello da annullamento ed il suo richiamo al primo comma rende evidente che ambedue le tipologie di disavanzo
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— 513 — ta un impresa in tale Stato; non solo — quindi — l’obbligo di astenersi dall’imposizione, ma anche quello di consentire il riporto delle perdite ed appunto la ricostituzione dei fondi in sospensione. Analogo discorso va fatto per quanto riguarda il riporto delle perdite. In specie, l’art. 4 del Decreto in commento consente il riporto delle perdite solo « nelle operazioni
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anche ad un dato testuale. In particolare, l’art. 2, primo comma, qui in commento, dispone che i beni ricevuti vanno valutati fiscalmente: « in base all’ultimo valore riconosciuto ai fini delle imposte sui redditi » alla società incorporata o fusa non residente. L’espressione « ai fini delle imposte sui redditi » dovrebbe essere interpretata nel senso: « ai fini delle imposte sui redditi italiane ». Ciò 177 178
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« fino al totale assorbimento » dell’imposta italiana. In altri termini il credito d’imposta è ammesso in detrazione fino a concorrenza dell’imposta italiana applicabile sulla plusvalenza, e l’eventuale eccedenza non può essere computata. L’ultimo periodo del comma terzo dell’art. 2 qui in commento dispone che: « Il beneficiario non residente subentra al conferente residente per tutti i diritti e gli obblighi
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rimarrà in Italia pur sempre una stabile organizzazione, ma facente capo alla società estera risultante dalla fusione. L'Italia, quindi, è interessata dal regime previsto dalla Direttiva come Stato dove è situata la stabile organizzazione trasferita con la fusione. Anche in questo caso, perchè si applichi il particolare regime qui in commento, è necessario che l’operazione si configuri come fusione
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reddito. In un’ottica antielusiva si vuole evitare che le società partecipanti alla fusione possano riportare le perdite per importi superiori rispetto alle loro potenzialità di produrre reddito in futuro. Ebbene, se l’ottica — sia pur grossolana — del legislatore è nel senso di rapportare il reddito al patrimonio, allora va notato che tale parametro viene utilizzato nella normativa in commento
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sul regime delle società madri e figlie, il Decreto in commento null’altro dispone circa i regimi di opzione o esenzione, ed in particolare non prevede che essi non pregiudicano la sua applicazione se sono territorialmente o temporalmente limitati (75). Questa differenza a livello (72) Zizze, Le riorganizzazioni, cit., p. 339, seppur senza motivare la sua posizione, giunge sostanzialmente alle medesime
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perchè le fusioni dovrebbero essere in-(Chown’ The Mergers Directive — some broader issu.es, in Intertax, 1990 p 409). Per le opportune risposte si veda ÌBurgio, Il regime fiscale comunitario delle fusio-m e delle scissioni, m Le società, 1991, p. 1321. Sul punto cfr. anche Garbarino II commento (alle direttive del 1990), in Corr. Giur., 1991, p. 342; Valente, Regime tributano delle operazioni di riorganizzazione
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