Da questo punto di vista, però, bisogna ricordare che l’integrazione e il coordinamento sono un risultato, vale a dire l’assenza o la minimizzazione di comportamenti contraddittori, non una procedura. In parole semplici, non è 1’esistenza di procedure di raccordo a costituire condizione necessaria e sufficiente per creare il coordinamento, ma è il fatto che i comportamenti siano coerenti, che è coordinamento. Perciò, se i comportamenti sono già coerenti spontaneamente non c’è alcun bisogno di prevedere procedure, ma forse, se i comportamenti sono incoerenti per motivi strutturali, noi possiamo prevedere tutte le procedure e tutte le soluzioni organizzative che vogliamo e non riusciremo mai a renderli coerenti. Il problema dell’integrazione, in questo caso dell’integrazione verticale, ci pone il problema di come si fa a evitare che lo Stato, la Regione, le Città metropolitane, i Comuni metropolitani decidano cose troppo in contrasto fra di loro: al di là degli accordi di programma e le conferenze di servizio, attraverso scelte procedurali, ma soprattutto attraverso scelte che hanno a che fare con la distribuzione delle risorse. Il quarto e ultimo problema è forse quello cruciale: come si fa a generare l’innovazione. E’ questo un problema pressoché impossibile da risolvere. Le funzioni della città capitale, abbiamo detto, sono quelle nuove, mentre quelle mature vanno decentrate. Possiamo forse immaginare che le funzioni mature tendano a decentrarsi spontaneamente, anche se forse fornire qualche stimolo potrebbe essere utile, per esempio per evitare fenomeni di congestione urbana. Tuttavia è molto più difficile essere sicuri che si sviluppino le funzioni nuove. Anzi, la risposta più ovvia è che non si può affatto esserne sicuri, vale a dire che l’innovazione è una di quelle cose che non si governa mica tanto. Ciò che si può fare è, al massimo, creare le condizioni nelle quali l’innovazione avviene e in questo senso alcune cose le ha già dette Roberto Camagni. Io vorrei solo aggiungerne alcune sul versante politico-amministrativo. Il primo aspetto riguarda l’ideazione dell’innovazione. Un’istituzione che deve generare e governare l’innovazione non risponde a una domanda sociale espressa, ma a un bisogno non generalmente percepito. In altre parole - mi spiace doverlo dire - la democrazia qui serve a poco, nel senso che per definizione noi non percepiamo le possibilità di soddisfare bisogni nuovi, cioè noi chiediamo soltanto la soddisfazione dei bisogni che conosciamo già, poiché nessuno ha bisogno di una serie di cose fintanto che non sono state inventate. Or- 56