LUGLIO 1993 - N. 7, PAG. 4 Il Libro del Mese La mamma al fenolo Edna O'Brien, Le stanze dei figli, e/o, Roma 1993, ed. orig. 1992, trad. dall'inglese di Silvia Nono, pp. 322, Lit 25.000. Da tempo si parla di una rinascita della letteratura irlandese e non appare fuori luogo l'utilizzo del termine "esplosione", usato dallo scrittore dublinese Dermot Bolger nella sua introduzione al hook oflrish Contemporary Fiction pubblicato di recente dalla casa editrice Picador. L'antologia propone una selezione di 46 autori, alcuni dei quali giovanissimi, come Roddy Doyle (The Commitments), Colm Tóibin {The South) e lo stesso Bolger (The Journey Home), protagonisti di un fenomeno letterario iniziato negli anni sessanta e che va assumendo dimensioni sempre più originali. Il new deal si fa partire dal 1956, anno in cui John McGahern scrive il romanzo The Dark, la storia di un ambiguo rapporto tra un vedovo e il figlio adolescente sullo sfondo dell'Irlanda rurale, che verrà messo al bando nel 1966. Pochi anni dopo, nel 1960, Edna O'Brien scrive il suo primo romanzo: The Country Girls. Un racconto che, a una lettura superficiale, sembra racchiudere i soliti elementi classici del romanzo breve irlandese: l'ambientazione rurale, la grettezza dell'educazione cattolica, la morbosità dei rapporti sessuali e la rituale fuga finale in Inghilterra. The Country Girls, che sembra oggi un romanzo quasi innocente, seguì lo stesso destino di The Dark e fu messo all'indice dal governo di Dublino, come gli altri due romanzi che ne compongono la trilogia: Girl with Green Eyes (1962) e Girls in their Married Bliss (1964), dove Edna O'Brien rompe l'ultimo dei tabù nazionali e lascia sterilizzare la protagonista in una clinica londinese. Una provocatoria opera di dissacrazione che, una volta iniziata, l'autrice porterà avanti con coerenza fino ai nostri giorni. Esemplare è il romanzo del 1972, Night (di prossima pubblicazione nelle edizioni e/o), da molti ritenuto uno dei suoi lavori migliori: la protagonista, Mary Hooligan (e il nome è già un programma) ha rotto i legami con la patria e la famiglia, ha abbandonato l'Irlanda e ha rifiutato i ruoli tradizionali di moglie, madre, figlia, come ogni altra forma di ortodossia femminile. Mary Hooligan vive ai margini delle altrui esistenze, si accampa in appartamenti di conoscenti, sperimenta il sesso. Ciononostante non riesce a trovare un vero amore e, nel suo esilio autoimposto, è sostanzialmente infelice. Alla ricerca di sé tenta di ricucire i legami con il suo passato, con i ricordi, di accettarsi figlia e madre. Una tematica che — con sottili variazioni — Edna O'Brien non ha mai abbandonato, come conferma il suo ultimo romanzo Time and Tide (1992) appena pubblicato dalla e/o con il titolo Le stanze dei figli. Neil, la protagonista, lavora per una casa editrice: nei manoscritti delle aspiranti scrittrici che deve esaminare cerca invano quello che ritiene un elemento essenziale per un buon romanzo: "the sacred breath of otherness", il sacro respiro del distacco, la necessaria distanza tra autore e vicenda narrata. È di Elisabetta d'Erme una palese dichiarazione d'intenti dell'autrice, cosciente che solo questo "distacco" le permetterà di narrare la vertigine di sofferenze che aspettano la sua eroina, senza mai cadere nel patetico, nel sentimentalismo o addirittura nel ridicolo. Ne risulta una nuova sfaccettatura del complesso mosaico di figure femminili che caratterizzano la sua opera narrativa, dal citato fulminante successo di The Country Girls fino all'ultima raccolta di racconti brevi Lantern Slides (1990). Come Kate e Baba della trilogia, anche Neil è una donna alla disperata ricerca di una felicità che la sorte sembra volerle precludere ad ogni costo. La determinazione ad emanciparsi dai torbidi legami familiari, dalle imposizioni religiose e da un ottuso nazionalismo, si trasforma per le protagoniste dei romanzi della O'Brien in una sorta di peccato originale che saranno costrette a scontare per il resto della loro esistenza. La pena si presenta sotto la forma di una "strutturale" incapacità di stabilire rapporti con l'altro sesso e — più in generale — con la società. Il volontario esilio dalla patria: la "Mother Ireland" che non sembra essere mai stata in grado di garantire ai suoi figli libertà e tolleranza, determina quindi una irreparabile cesura dalla famiglia e dalle tradizioni culturali e religiose. Lo sradicamento da quello che — nei ricordi — resterà coque il giardino dell'Eden, anziché precludere ad una rinascita, si rivela però un'irreversibile viaggio in una valle di lacrime: "Lei non ammise mai che quel che cercava era la propria rovina. Non lo ammettiamo mai" (p. 144) scrive Edna O'Brien una delle pagine più sofferte di "Le stanze dei figli", quando su Neil si abbatte un ennesimo fallimento sentimentale. Duncan, un regista irlandese, che era divenuto il suo amante dopo la separazione del marito, l'ha appena abbandonata. In lui aveva inutilmente cercato quella "Geborgenheit" che solo la propria terra d'origine può dare. Edda O'Brien, come prima di lei Oscar Wilde, Shaw, Joyce, Beckett, e più tardi William Trevor, Brian Moore e John Me Gahern, narra le ominose conseguenze del volontario esilio, della fuga da quel — seppur caldo e sicuro — soffocante seno materno. Non deve stupire quindi che Edna O'Brien sia letta con un certo scetticismo da molte rappresentanti del movimento femminista, che non condividono questo risvolto "puniti-vo'la lotta per l'emancipazione. Al pari della O'Brian e di molte altre eroine dei suoi romanzi, Neil è un'irlandese che vive in Inghilterra. È una "ragazza di campagna" che crede di potersi liberare dagli stretti lacci della vita di provincia sposando un inglese, protestante: Walter Steadman. Come prevedibile il matrimonio si dimostra dopo pochi anni un disastro. Walter è una replica di cattivo gusto del Mr. Rochester di Jane Eyre, un uomo crudele, brutale con lei come con i due figli nati nel frattempo: Paddy e Tristan. Un impulso di autoconservazione spinge finalmente Neil a chiedere il divorzio e, dopo mille difficoltà, a ottenere l'affidamento dei figli, "i suoi unici amici". Il loro rapporto è esclusivo e si basa su una complicità ora ludica, ora morbosa che sottointende a un patto di solidarietà apparentemente indistruttibile. Già i ricordi di un noioso viaggio in Toscana o di lunghe vacanze estive trascorse in Irlanda nel cottage della nonna, lasciano però trasparire un'inquietudine che, col tempo, finirà per minare anche questo legame. Paddy, introverso e sognatore, e Tristan, intelligente e creativo, entrano infine in collegio e Neil, rimasta sola, si perde nella "swinging London" degli anni sessanta tra incontri con uomini sbagliati, orge di sesso e trips di LSD. Nella sua totale incapacità di allacciare legami sentimentali e ancor meno d'amicizia, Neil diviene sempre più dipendente dal rapporto con i figli. Paddy e Tristan comprendono invece che la fuga da questo onnivoro amore materno è premessa essenziale per la loro sopravvivenza. Per Paddy questa fuga assume tratti profondamente drammatici e passa attraverso le droghe pesanti e la follia. Neil non si lascia scoraggiare da questa nuova prova e tenta di aiutarlo, ma il ragazzo quando sembra aver ritrovato un certo equilibrio perde la vita in un incidente. Tristan non riesce a venire a capo della nuova realtà, senza il fratello il rapporto sembra rotto per sempre, anche lui deve prendere le distanze, andare per la sua strada. Neil è ormai una "ragazza di campagna" di oltre cinquantanni, la sua faccia sprigiona malinconia e solitudine, eppure il silenzio delle stanze dei figli, della casa vuota, le infonde ora una quiete sconosciuta e un brivido che le ricorda di essere viva. È ancora una volta la parabola dell'emigrante, il filo rosso che percorre tutta la letteratura irlandese contemporanea, non esclusi i suoi più giovani rappresentanti come John Banville, Joseph O'Connor o Dermot Bolger, che diventa però metafora di una "Entfremdung" più universale e getta un ponte tra questi scrittori e quanti prima di loro hanno descritto l'alienazione come una condizione precisa dell'uomo moderno. In Le stanze dei figli le conseguenze dello sradicamento in una realtà cosmopolita, massificata e spoetizzante non riguardano solo la perdita di identità di Neil e la sua conseguente infelicità, ma anche la salute mentale del figlio, che finirà per condurre — non a caso — un'esistenza da borderline al confine tra la sanità e la follia. La vita di Neil è paragonabile ad una "Traverarbeit" senza fine, una lunga elaborazione del lutto. Il lutto per la perdita delle radici, della madre, del compagno, del figlio, di sé. Edna O'Brien riesce a rendere magistralmente le contraddizioni nascoste tra le pieghe della nostalgia per l'"Irlanda-lontana" delle antiche ballate, che ritrova nelle cantilene e nei "Limerick" che punteggiano il testo o nelle note struggenti di una canzone che il figlio le canta durante uno dei suoi improvvisi ritorni. Una nostalgia sempre negata da un elemento di repulsione, come nel suo amore/odio per la madre, che associa con il forte odore di fenolo che lei usava per disinfettare la casa, un estremo, vano, tentativo di sterilizzare ogni cosa, anche i sentimenti. Come ogni anno "L'Indice" non sarà in edicola ad agosto. Diamo appuntamento ai lettori con il numero di settembre. Una bellezza irlandese Edna O'Brien è una delle maggiori voci della letteratura di lingua inglese contemporanea; prolifica narratrice, ha scritto romanzi, racconti, ma anche sceneggiature e opere teatrali. La luminosità dei suoi occhi verdi, la pelle diafana e una gran massa di capelli rossi, fanno di Edna O'Brien una classica irish beauty, una bellezza alla quale in pochi sono riusciti a resistere e che ha legato per anni il suo nome a scandali e pettegolezzi. Nata in Irlanda (Co. Clare) in un anno che potrebbe oscillare tra il 1930 e il 1936 (la reticenza della scrittrice su questo punto è molto forte), dopo cinque anni di collegio avrebbe preso in esame l'idea di diventare suora, per trasferirsi poi a Dublino dove studia farmacologia. A Dublino le capita di leggere il suo primo vero libro, un'antologia di testi di ]ames Joyce con la prefazione di T.S. Eliot: è una epifania; si immerge nella lettura e scopre Cechov e Virginia Woolf, che resteranno i suoi ideali punti di riferimento letterari. A Dublino conosce lo scrittore Ernest Gabler che sposa quasi immediatamente e con lui si trasferisce nel 1960 a Londra. Dal matrimonio nascono due figli: Sasha e Carlos; il primo diventerà architetto e il secondo seguirà le orme dei genitori affermandosi presto come un buon romanziere (July in August, Life of a Drum, Work and Play). Nel 1960 Edna O'Brien scrive in due settimane il suo primo romanzo The Country Girls (Ragazze di campagna, Feltrinelli, 1961). Sebbene ne venga vietata la diffusione in Irlanda, il libro è un successo internazionale; seguono a breve altri due romanzi che con il primo costituiscono una trilogia: La ragazza dagli occhi verdi (e/o, 1989) e Ragazze nella felicità coniugale (e/o, 1990). La scrittura non sembra adattarsi affatto alla vita coniugale, Ernest Gabler se ne torna in Irlanda e Edna resta a Londra con i due figli, che alleverà da sola. Edna O'Brien ama la sua solitudine, nella quale si rinchiude per scrivere, ma anche la vita sociale, i parties, gli amici importanti. Nei "ruggenti" anni sessanta stringe, tra gli altri, amicizia con lo psicoanalista R.D. Laing con il quale accetta di fare un viaggio "li-sergico", episodio che ritroviamo nell'allucinata descrizione del rapporto tra Neil e il Dr. Rat nel romanzo Le stanze dei figli. Seguono i romanzi August is a Wicked Month, A Pagan Place, Night e numerose raccolte di racconti: Returning, A Fanatic Heart (Un cuore fanatico, Feltrinelli, 1992) e recentemente Lantern Slides (prossima pubblicazione per i tipi delle edizioni e/o). Pur non essendo una voce isolata nella letteratura irlandese (Elisabeth Bowen, Kate O'Brien, Mary Lavin, Jennifer Johnston ecc.), a Edna O'Brien va riconosciuto il merito di essere stata tra le prime a rompere i tabù della società irlandese e a dare vita a figure di donne emancipate e desiderose di libertà. Una battaglia dove si scontrano convenzioni morali e una nuova visione della sessualità femminile. La sua scrittura fa spesso ricorso a un linguaggio parlato, molto diretto e nudo, che precipita improvvisamente nel tono della confessione quando si avvicina a temi di carattere autobiografico. (Caratteristica che può tendere pericolosi tranelli ai traduttori). L'aspetto più originale dei romanzi della O'Brien è da ricercare in un ambiguo cocktail di innocenza adolescenziale, di erotismo — a volte sfrenato — e di una melanconia tutta celtica, non scevra da una componente di moralismo cattolico che tocca, occasionalmente, le soglie delal superstizione. In un'epoca in cui— secondo Edna O'Brien — la scrittura giornalistica è più appassionante di quella narrativa, il suo compito risiede nello scrivere di eventi che possono accadere in ogni momento, "perché sono stati dell'animo". (e.d'e.) A Edith Stein LA RICERCA v DELLA VERITÀ dalla fenomenologia alla filosofia cristiana a cura di Angela Ales Bello collana Idee/Filosofia / pp. 256/ L. 23.000 Karl Frielingsdorf VIVERE NON SOPRAVVIVERE salute psicologica e fede collana Uomo e Salute / pp, 256 / L. 23.000 àttàniKfoa editrice