^mm N. 9 pag. 28 Poesia, poeti, poesie La pietra di Drammone! di Luciana Stegagno Picchio Carlos Drummond de Andrade, Sentimento del mondo. Trentasette poesie scelte e tradotte da Antonio Ta- bacchi, Einaudi, Torino 1987, pp. 134, Lit." 9.000. Carlos Drummond de Andrade è morto a Rio de Janeiro nell'agosto del 1987. Una morte annunciata, si disse. E non solo perché lo scrittore, il più noto e il più amato, forse, del Brasile dell'ultimo cinquantennio (il "forse" vuol fare uno spazio a Vini- cius de Moraes), aveva ormai 85 anni e da qualche tempo aveva dato chiari segni di una sua lucida ed ineludibile "insofferenza di vita". Ma perché la' morte dell'unica, amatissima figlia aveva per cosi dire divelto drammati- camente davanti a lui anche il previ- sto e vaticinato binario morto dell'e- stinzione naturale. Così che la repen- tina morte per infarto, seguita alla scomparsa di Maria Julieta, ha, per chi li conosceva ed amava, l'agro sa- pore di una morte volontaria. Scompare, con lui non solo l'ulti- mo dei grandi modernisti che, nei roaring anni Venti, avevano operato quella complessa e sinestetica opera- zione d'avanguardia che va sotto il nome di Settimana d'Arte Moderna di San Paolo. Ma cade una colonna portante della scena brasiliana: e non solo culturale. Perché Drummond, nato ad Itabira, cittadina di Minas Gerais a un centinaio di chilometri da Belo Horizonte, figlio di fazendei- ro, ma lui, personalmente, solo fazen- deiro do ar, latifondista dell'aria ("Ho avuto oro, ho avuto bestiame e fazendas. Oggi sono un funzionario pubblico. Ttabira è solo una fotogra- fia sulla parete. Ma come fa male."), Drummond che, dopo una vita fun- zionarla, voleva essere ricordato solo e semplicemente come un poeta, che aveva sempre rifiutato di entrare fra gli Immortali dell'Accademia, era considerato, sì, in patria, il maggior poeta di lingua portoghese del nostro secolo (accanto a lui, ma al di là dell'Atlantico, solo Fernando Pes- soa). Ma per la gente comune di tutto il Brasile, che citava e cita i suoi versi come si citano i proverbi, era anche costante punto di riferimento, mora- le e comportamentale. E lo era stato negli anni bui della dittatura e della violenza, quando, pur dopo la disillu- sione del comunismo militante, che nel 1945 aveva fatto di lui il bardo della Rosa del popolo, si era sempre mantenuto uomo libero, all'opposi- zione. Le sue cronache sui giornali, finestra da cui commentava gli avve- nimenti, commemorava in verso e in prosa le morti, le allegrie e le tristez- ze nazionali, il transeunte e l'eterno, facevano sempre opinione. Ma anche da questo ufficio egli si era distaccato volontariamente, nel 1984: "Ciao — aveva scritto nell'ar- ticolo di commiato, e ciao, così in italiano, è oggi una delle espressioni più comuni in Brasile, con una com- ponente di affettività che da noi, il "ciao" colloquiale, con la sua impli- cazione di sudditanza, non ha mai avuto — Ciao, lettore. Chi vi lascia è il più vecchio cronista brasiliano. Ha assistito, standosene seduto a scrive- re, alla sfilata di 11 Presidenti della Repubblica, più o meno eletti (uno addirittura due volte), per tacere del- le alte gerarchie militari che si sono attribuite questo titolo. Ha visto di lontano, ma col cuore in gola, la Se- conda Guerra Mondiale, ha accom- pagnato l'industrializzazione del Brasile, i movimenti popolari, fru- strati, ma sempre risorgenti, gli ismi dell'avanguardia che pretendevano di riformulare per sempre il concetto universale di poesia; ha annotato le catastrofi, la Luna visitata, le donne nel loro braccio di ferro per farsi sentire dagli uomini; le piccole gioie quotidiane, aperte a ciascuno e per questo senza dubbio le migliori. Ha visto tutto, ora sorridente, ora arrab- biato, dato che arrabbiarsi è preroga- tiva anche dei temperamenti più miti. E dalle cose ha cercato di estrarre non una lezione — La Lezio- ne delle cose, dal 1962, è un altro dei libri ormai classici di Drummond —, ma un particolare che vi potesse commuovere o distrarre...". Bisognava dire tutto questo, an- che per domandarci poi perché inve- ce, extra moenia, e soprattutto qui da noi, in Italia, il poeta, ma anche il prosatore Drummond, CDA, come in sigla lo citano i brasiliani, sia così poco conosciuto e tradotto. Forse ora lo scopriranno, lo scopriremo. Era un uomo discreto, che non viaggiava, che comunicava quasi solo per iscritto, cortese, questo sì, per- ché rispondeva sempre alle lettere, ringraziava, ma non faceva parte di conventicole letterarie nazionali o internazionali, e in letteratura era come se scrivesse per se stesso, usan- do l'auto-apostrofe, ma anche il col- loquialismo, il gergo comunitario e l'ammicco intellegibile solo dall'in- terlocutore naturale, il pubblico di casa. Tutto questo peraltro in un tessuto linguistico sempre sostenuto di alta poesia, senza concessioni al populismo, alle mode, pur in ogni loro fase controllate, pacatamente e sorridentemente irrise (che gusto, ma anche che scaltrezza culturale nei suoi versi contro le semiologie, gli strutturalismi, i gerghi accademici). Di un poeta comunque soprattutto si discute. Poeta civile, anche, e specie in certi momenti della vita e della storia: e per questo tradotto ed esportato in quei paesi che a volte ci appaiono più sensibili di noi ai valori etici, ai contenuti morali della lette- ratura: in Svezia, in Germania, negli Stati Uniti, oltre che, per naturale contiguità, in Spagna e in Ispanoa- merica. Da noi lo aveva antologizza- to Ruggero Jacobbi, in quelle sue due già famose crestomazie di poesia bra- siliana degli anni Sessanta e Settan- ta; e lo avevamo tradotto a spizzico un po' tutti. Ma anche così, questa antologia, scelta e tradotta da Anto- nio Tabucchi, è una rivelazione e un avvenimento. E poiché la scelta è felice e le traduzioni fedeli e grade- volissime, speriamo che di qui co- minci anche per noi un'era Drum- mond. L'antologia ci offre trentasette poesie scelte entro una decina di rac- colte, fra le venti circa in cui, in cinquantanni di esercizio letterario, CDA è venuto organizzando e ogni volta risemantizzando il suo mai in- terrotto discorso poetico. L'itinera- rio dell'artista va infatti da Alguma poesia ("Qualche poesia", ma anche "Un po' di poesia", del 1930) alle poesie d'amore degli ultimi anni (Amarse aprende amando, "Ad amare si impara amando", del 1985). Poe- sie erotiche, anche, di un vecchio poeta finalmente svincolato da tutto e da tutti: dal pudore piccolo-bor- ghese, dall'impegno politico, dalla paura. Ma infinitamente solo e di- sperato. Questa raccoltina si arresta comunque al 1962: un assaggio, tren- t'anni di poesia e uno spaccato di vita privata nel grande affresco degli avvenimenti pubblici di un Brasile in crescita. I temi vanno dall'au- toritratto-confessione dell'esordio ("Quando nacqui, un angelo storto, di quelli che vivono nell'ombra, dis- se, Vai, Carlos, ad essere gaucho nel- la vita"), al rispecchiamento nella Musica da quattro soldi del finale ("Paloma, Violetera, Feuilles Mor- tes... La musica da quattro soldi mi fa visita. E mi conduce verso un nirva- na povero a mia immagine"). L'ispi- razione della sua Musa povera — annota Tabucchi: non le sonate su- blimi; ma la strada, ciò che viene dalla vita quotidiana, da questo no- stro dover essere, dal piccolo, dall'in- significante, dal niente. Si potrebbe aggiungere, il supremo orgoglio di voler essere un uomo qualunque, con la sua vita qualunque, attraversata, frenata, condizionata, come le vite paradigmatiche, dall'esterno. Ma nel mezzo del cammino non l'illumina- zione del credente o del saggio, non la conversione di Paolo di Tarso, ma una pietra ("Nel mezzo del cammino c'era una pietra C'era una pietra nel mezzo del cammino C'era una pietra Nel mezzo del cammino c'era una pietra"). Ed è questa, forse, la poesia più famosa di Drummond, quella che in patria ha provocato decine di ese- gesi, sussiegose o sorridenti. L'uomo qualunque colla sua pietra qualunque sulla sua strada, può contare solo su se stesso, non crede a nulla e non vuole nulla, serenamente, disperata- mente. I suoi scritti — gli avevano chiesto durante l'ultima intervista — mo- strano due facce, una allegra, ironi- ca, l'altra amara. Dov'è il vero CDA? "Risposta: "Quello amaro, credo. Io sono una persona interamente pessi- mista, scettica. Non credo in nessun valore di ordine politico, filosofico, sociale o religioso. Penso che la vita sia una esperienza che deve essere vissuta, ma che finisce, basta, non c'è più nulla". "E la morte, Drum- mond?" "Non penso ad altro. Ci penso fin da bambino". Edècosì. La morte come costante di tutta una vita e di un'opera. La morte come memoria: nessun poeta ha scritto tanti ritratti d'amico morto, ha fissa- to sulla carta tanti frammenti di vita morta, che solo così, dopo, sembrano avere acquistato una loro personalità ed interezza, un loro senso, come Drummond, "A un angolo della sala c'era un album di fotografie intolle- rabili, alte parecchi metri e vecchio infinito minuti, sul quale tutti si pie- gavano per l'allegria di schernire i morti in marsina". La morte come immagine: "Come quei primitivi che si portano dietro dappertutto la ma- scella inferiore dei loro morti, così ti porto con me, sera di maggio". La morte come quotidiano dell'informa- zione: "Fra me e i morti ci sono il mare e i telegrammi". Ma soprattut- to la morte come comunione: "I morti: Nell'ambigua intimità che ci concedono. Possiamo camminare nudi davanti ai loro ritratti. Non hanno riprovazione né sorriso Come se in essi la nudità fosse maggiore". In questo senso, ma solo in questo senso, morte come speranza: "Tutti i miei morti stavano in piedi, in circo- lo e al centro. Nessuno aveva volto... Notai uno spazio vuoto nel circolo. Lentamente andai ad occuparlo. Ap- parvero tutti i volti, illuminati". - f s k. LIGUORI EDITORE M. Picone Petrusa M.R. Pessolano A. Bianco Le grandi esposizioni in Italia 1861-1911 La competizione culturale con l'Europa e la ricerca dello stile nazionale Quaderni Di 6/1988 pp. 148 L 35.000 A. Baculo S. Gallo M. Mangone Le grandi esposizioni nel mondo 1851-1900 Dall'edificio città alla città di edifici. Dal Crystal Palace alla White City Quaderni Di 5/1988 pp. 178 L 35.000 Vittorio Lanternari Dei Profeti Contadini Approcci con la cultura africana attraverso un'approfondita ricerca etnografica Anthropos pp. 262 L 26.000 Brenda Bolton Lo spirito di riforma nel Medioevo La crisi della cristianità occidentale e la nascita di nuovi ordini religiosi Nuovo Medioevo pp. 154 L. 15.000 Alberto Angelini La psicoanalisi in Russia Lo sviluppo della psicoanalisi in Russia dai precursori agli anni Trenta Prefazione di Cesare Musatti Inconscio e cultura pp. 224 L 22.000 PIÙ LIBRI PIÙ IDEE. El- FIH7IPW-AVCROI Tahar Ben Jelloun MOHA IL FOLLE. MOHA IL SAGGIO Il grande scrittore magrebino ci parla dei sogni e delle speranze dei pregi e dei difetti del Marocco di ieri e di oggi attraverso le parole di Moha, voce degli esclusi. Maryse Condé LE MURAGLIE DI TERRA Dopo il successo francese esce ora in Italia il romanzo della scrittrice caraibica sull'avventurosa saga di Segò, città del Mali. EDIZIONI LAVORO