N 9 riNDICF « ■■dei libri del meseih ALBATROS Amasgonia MRoe letteratura del mondo perduto AMAZZONIA Mito e letteratura del mondo perduto a cura di Silvano Peloso Lire 30.000 Mandarini e cortigiane ' " "" * ; ' - •W.'t _ MANDARINI E CORTIGIANE a cura di Giuliano Bertuccioli Lire 30.000 Gliscrittori e la jòtqg-afia talora* 4 l»nb Soma» GLI SCRITTORI E LA FOTOGRAFIA a cura di Diego Mormorio prefazione di Leonardo Sciascia Lire 30.000 Gli umoristi della frontiera .AwudttwieCxrfs | I ISt ' ' EdtbriKìtmti ,-LW GLI UMORISTI DELLA FRONTIERA a cura di Claudio Gorlier Lire 30.000 Editori Riuniti uJ Ma la strage era vera di Franco Ferraresi Ti ricordi di Piazza Fontana? Ventan- ni di storia contemporanea nelle pagine di un processo, a cura di Nicola Ma- grone e Giulia Pavese, edizioni dal- l'Interno, Bari 1988. Voi. II (1969- 1988, dal fascino delframmento all'or- rore dell'insieme), pp. XXV-750, Lit. 60.000; Voi. Ili (La strage, i docu- menti), pp. XL-857, Lit. 60.000. In uno scritto di qualche anno fa, Norberto Bobbio attribuiva l'inizio della degenerazione del nostro siste- ma democratico alla strage di Piazza Fontana ed alle manovre di forze eversive collegate con i servizi segre- ti che hanno impedito l'accertamen- to della verità. Ormai, dopo gli anni trascorsi ed il cumulo di manovre oscuranti che si sono abbattute sulle indagini, l'individuazione processua- le degli autori della strage è forse impossibile. Non così la ricerca della verità storica, e questi volumi, ingen- te fatica di due magistrati baresi e di un certo numero di collaboratori, co- stituiscono una scommessa in tale senso. (Sul primo volume dell'opera, Bari 1986, cfr. M. Revelli, "L'ermel- lino sulla strage", L'Indice, feb- braio 1987). Nella letteratura ormai vasta su Piazza Fontana, l'opera di Magrone e Pavese si caratterizza per la ricchezza della documentazione e la molteplicità di approfondimenti analitici su temi che vanno dal segre- to di stato alla riforma dei servizi, dal ruolo dell'Inquirente all'istituto del- la rimessione. I volumi forniscono anche una preziosa documentazione, riportando le ordinanze e motivazio- ni di sentenze più rilevanti. Si può non essere sempre d'accordo con le posizioni sostenute dagli autori nei singoli excursus ma l'utilità dell'insie- Riletture Un libro di disubbidienza di Maurizio De Luca La Strage di stato. Contro-inchiesta, La nuova sinistra - Samonà e Savelli, Roma 1970, pp. 160, Lit. 500. C'è ben poco di rivoluzionario, risfogliandole oggi, nelle pagine di carta povera della prima edizione della Strage di Stato. Qualche affer- mazione (soprattutto nella nota che precede i cinque capitoli del testo) appare melodrammati- camente barricadiera e usurata ormai dalle delu- sioni e dalle deviazioni di diciotto anni di crona- che. Brutta è la grafica e a tratti addirittura ingenua la perentorietà di varie affermazioni. Non mancano, qua e là, le approssimazioni non sostenute da sufficiente rigore cronistico. Ci sono eccessi di credulità e, in qualche pagina, ìpervalu- tazioni di testimonianze quanto meno discutibili. Ma è e resta un libro assai importante. Forse, per capire le trame di quegli anni, decisivo. E stato il primo infatti a individuare, con sufficiente chiarezza, nell'insanguinata cronaca di quegli anni, tattiche e strategie del partito "americano" che in Italia era il più pronto e il più deciso a gestire occultamente gli effetti politi- ci dello stragismo all'assalto. E stato il primo libro a ricostruire con dovizia di particolari la rete dei finanziamenti e delle sotterranee allean- ze tra brandelli di Stato ed eversione fascista. Erano i tempi in cui i mazzieri neri trovavano di frequente compiaciuta ospitalità nelle anticame- re delle questure, coccolati dai servizi di infor- mazione, legittimati a far politica da un grave anticomunismo che era realmente cemento dello Stato. Più che controinchiesta (come un po ' retorica- mente si autoìntitolò in copertina La strage di Stato), è stato un libro di disubbidienza, di ribaltamento delle verità ufficiali, d'indagine cronistica, forse anche a tratti dilettantesca, ma animata da salutare mancanza di soggezione verso i detentori d'un potere che pretendeva d'essere, a dispetto dei fatti, sinonimo di sinceri- tà. Può essere fin troppo facile, oggi che la passio- ne politica un po ' si è spenta, rimproverare a un simile libretto le sue colpe più evidenti: il mani- cheismo esasperato (tutta la ragione e la limpi- dezza a sinistra, tutti i crimini all'estrema de- stra), il giustizialismo superficiale, lo scambio, sul piano tecnico dell'indagine, degli indizi per prove provate. Ma resta, prepotentemente positi- va, l'appassionata ansia di documentare le radici internazionali d'una strategia della tensione che intendeva strumentalizzare le bombe, addossan- done la colpa alla sinistra (ufficiale ed extra ufficiale) per una normalizzazione soffocante. A vent'anni quasi di distanza, è indubbio che su quelle maledette bombe di piazza Fontana stava per prendere corpo una squassante mano- vra, anticipatrice degli occulti disegni cospirativi delle tante P2 che in seguito solo l'impegno di pochi giudici solitari e galantuomini (sostenuti anche da una stampa salutarmente irrispettosa) avrebbe portato alla ribalta. Certo, molte sono le inesattezze contenute in quei cinque capitoli. Ma basterebbe una notizia a salvare il libro: è a pagina 115 della prima edizione. E l'indicazione dei rapporti sotterranei tra Michele Sindona, all'epoca (sino agli inizi del 1970) banchiere trionfante, e l'estrema destra » C.P. 156 61029 URBINO EDIZIONI QuattroVenti Distribuzione P.D.E. ACTA PHILOSOPHICA Collana dell'Istituto Italiano per gli Studi Filosofici FILOSOFIA E COSCIENZA NAZIONALE IN BERTRANDO SPAVENTA a cura di G. OLDRINI A. Savorelli, Revisioni politiche e riforma dell'hegelismo nel giovane Spa- venta - F. Ottonello, Un presupposto della teoria della circolazione del pensiero italiano. L''infedeltà- dell'interpretazione spaventiana di Galluppi - L. Malusa, La filosofia italiana nelle pagine della -Civiltà Cattolica». I gesuiti a confronto con la visione storica spaventiana - G. Oldrini, L'hegelismo «critico- di Bertrando Spaventa - G. Tognon, Bertrando Spaventa e ia -Fi- losofia del diritto" di Hegel - G. Mastroianni. Esperienza e metafisica da Spaventa a Labriola - R. Racinaro, Spaventa: hegelismo, metafisica e Ri- voluzione francese LA PLURALITÀ IRRAPPRESENTABILE. IL PENSIERO POLITICO DI HANNAH ARENDT a cura di R. ESPOSITO me è fuori discussione. Chi si sotto- pone al compito non lieve della lettu- ra ne ricava un quadro esauriente e drammatico di quella che è forse la principale tragedia italiana degli anni recenti. I limiti di una recensione consentono di ripercorrere solo alcu- ni episodi salienti. La strage avviene il 12 dicembre 1969, insieme ad altri tre attentati a Roma e Milano, che solo casualmen- te non provocano vittime. La sera stessa la questura romana già indaga sul gruppo anarchico "22 Marzo" di cui un membro, Mario Merlino, ac- cusa i propri compagni. Pochi giorni dopo, un tassista milanese, Cornelio Rolandi, riconosce in Pietro Valpre- da, pure membro del "22 Marzo", il passeggero portato a Piazza Fontana. Parte così una colossale campagna contro la "sovversione": gli anarchi- ci ed in generale i rossi sono mostri assetati di sangue, belve immonde indegne della convivenza civile. Alte cariche dello stato, classe politica, polizia, magistratura sostengono cóncordi questa immagine. I fonda- menti sono, a dir poco, fragili. Il "22 Marzo" era composto di nove mem- bri. Uno di essi, Merlino appunto, fascista di Avanguardia Nazionale, intimo di Stefano Delle Chiaie, si era infiltrato fra questi sprovveduti dopo che altri gruppi della sinistra lo avevano cacciato. Un altro membro era "Andrea", alias Salvatore Ippoli- to, agente di polizia. Le precedenti azioni del "22 Marzo" erano misera- mente fallite, come dicono soave- mente i giudici, per le "scarse attitu- dini di quei giovani esaltati al compi- mento di azioni di un certo rilievo" [III, p. 295]. Improvvisamente, que- sta banda sgangherata e pluri-infil- trata avrebbe acquisito la capacità di montare un'operazione altamente professionale come la collocazione si- multanea di quattro ordigni ad alto potenziale in due città distanti centi- naia di chilometri. Si aggiungano le incertezze e irregolarità del ricono- scimento di Rolandi e l'alibi di Val- preda. Nonostante questo, la prima istruttoria (Roma), imbocca decisa- mente la" pista anarchica. Ai magi- strati non viene detto: a) che "An- drea" è un poliziotto (la Questura lo rivelerà solo alcuni mesi dopo); b) che un appunto SID del 17 dicembre attribuiva l'esecuzione materiale de- gli attentati romani ali"'anarchico Merlino Pietro, per ordine del noto Stefano delle Chiaie... la mente orga- nizzatrice... sarebbe tale Y. Guerin- Serac, cittadino tedesco, residente a Lisbona... anarchico, ma a Lisbona non è nota la sua ideologia [II, 154]. Si noti la caratterizzazione di Merli- no (Pietro!) e di Guerin-Serac come anarchici: del primo si è detto; l'al- tro, ufficiale francese, combattente dell'OAS, era il capo delI'Aginter- Press, una nota centrale di spionag- gio, provocazione, e reclutamento di mercenari, con base a Lisbona (dove, all'epoca, non si era molto teneri con gli anarchici). Comunque, il SID non collabora: al magistrato che nel luglio 1970 chiede notizie, il suo capo, am- miraglio Henke, risponde che il "ser- vizio non ha compiuto indagini in ordine ai fatti indicati in oggetto". L'appunto citato perverrà alla magi- stratura milanese solo nel novembre 1973. Il dibattimento contro Valpreda e gli anarchici inizia nel febbraio 1972 a Roma e subito la Corte dichiara la propria incompetenza per territorio, trasmettendo gli atti a Milano, dove era stato consumato il reato più gra- ve (la strage). Ma qui il procuratore della Repubblica, dipingendo una città sull'orlo della guerra civile, chiede alla Cassazione la rimessione ad altra sede. L'istituto ha dei prece- denti, a dir poco, inquietanti: fu usa- to, ad esempio, per allontanare dai giudici naturali processi come quello per l'assassinio di Matteotti o per i crimini della X Mas. La Cassazione non si smentisce: fa propria la richie- sta del Procuratore di Milano, e spe- disce il processo a Catanzaro: siamo alla fine del 1972, a tre anni dalla strage. Nel frattempo, emerge la pista nera, aperta a Treviso nel dicembre 1969 dalle dichiarazioni di Guido Lorenzon, cui Giovanni Ventura ha fatto confidenze che fanno pensare ad una sua partecipazione agli atten- tati. Anche questo procedimento ha un iter accidentato, fra Treviso, Ve- nezia, Roma, Padova, Milano, dove finalmente gli atti giungono nel mar- zo 1972 (istruttoria Alessandrini/ D'Ambrosio). Le indagini mettono in luce la cellula veneta, responsabile dei numerosi attentati dell'aprile- agosto 1969, che, guarda caso, erano stati attribuiti agli anarchici. Secon- do le dichiarazioni di Ventura, la cellula era parte di un progetto sov- versivo nazi-fascista, con una com- ponente romana guidata da Stefano delle Chiaie. In particolare, "si era D>