n 9 HNDICF « ^ ■■dei libri del me se ^bl HsNi\ EDIZIONI Intervento Giovanna Salvlonl IL FANTASTICO E IL MISTERO STORIE DI FATE, FOLLETTI, GIGANTI, GUARITORI E PRODIGI NELLE TRADIZIONI POPOLARI pp. 192 - L 20.000 *** Francesco di Ciaccia DA DIO A SATANA L'OPERA DI FEDERICO BORROMEO SUL "MISTICISMO VERO E FALSO DELLE DONNE" pp.224 - L 20.000 Tiziana Ma zzali IL MARTIRIO DELLE STREGHE UNA NUOVA DRAMMATICA TESTI- MONIANZA DELL'INQUISIZIONE LAICA DEL SEICENTO pp.212 - L. 20.000 *** J.A.S. Collln de Plancy DIZIONARIO INFERNALE Due volumi cartonati pp.1408 • L 59.000 Rosa Paini I SENTIERI DELLA SPERANZA PROFUGHI EBREI, ITALIA FASCISTA E "LA DELASEM" pp.224 - L 22.000 *** J.L.RIeupeyrout STORIA DEGLI APACHE LA FANTASTICA EPOPEA DEL POPOLO DI GERONIMO 1520-1981 pp.372 - L. 25.000 *** Daniel Arasse LA GHIGLIOTTINA E L'IMMAGINARIO DEL TERRORE pp.224 - L. 20.000 Andrea Rognoni LA FORZA DELLE STELLE I SEGRETI DELL'ASTROLOGIA TRA ESOTERISMO E DIVINAZIONE pp.224 • L 20.000 *** Luigi Lapi EFFETTO PRANA CONCETTI ED ESPERIENZE MEDICHE IN PRANOTERAPIA pp.320 - L 24.000 *** Fernand Aitali METEOROPATIE CONDIZIONI ATMOSFERICHE E SALUTE pp.176 - L 19.000 ****************** XSNÌ\ EDIZIONI 20161 Milano - Via Cialdini,11 Tel. 02/6468706 Chi parla e chi tace Può apparire paradossale che un numero de "L'Indice" in larga parte dedicato ai libri sul Sessantotto sia aperto da un profilo di Franco Ven- turi. Chi ha vissuto quell'anno nel- l'ateneo torinese e conosciuto la po- sizione allora assunta da Venturi, che a quel movimento radicalmente si oppose, potrebbe pensare addirit- di Gian Giacomo Migone ca. È come se il clamore delle rievo- cazioni e delle testimonianze avesse messo in evidenza un vero e proprio silenzio storiografico, tanto più gra- ve se si riflette sulla natura dramma- tica degli ultimi vent'anni di storia del nostro paese. Questo silenzio non può essere spiegato con la consapevole pruden- sabilità originarie di fronte a cui de- vono cedere il passo le più recenti e raffinate mode metodologiche. Egli deve misurarsi con le domande ele- mentari che potrebbero porre sia i giovani di oggi i quali non hanno vissuto ma sentito parlare di quegli anni, sia quegli uditori stranieri che si sforzano di capire le vicende del La storia, una vita di Maria Teresa Maiullari Tre momenti importanti nella vita di Franco Venturi hanno inciso su alcune scelte tematiche della sua produzione. Il primo è legato al trasferi- mento in Francia della sua famiglia, in seguito al rifiuto paterno di adesione al regime fascista. Gli studi condotti alla Sorbonne, dietro la guida di Glotz, Renouvin e Momet, hanno stimolato in lui la riflessione su quel settecento dei Lumi che rimarrà una costante della sua ricca ed accurata analisi ed una tematica delle sue opere. Franco Venturi ha indirizzato la sua ricerca verso il pensiero dei philosophes e di questo approfondi- mento sono frutto ì suoi primi lavori a stampa, tra gli anni trenta e quaranta. Ricordiamo, qui, solo qualche titolo della sua vasta produzione: Diderot Denis, Pages inédites contre un ty- ran, introduzione, Parigi 1937; Dom Descham- ps, Le vrai système ou le mot de l'énigme métaphysique et morale, Parigi 1939. A questi argomenti si ricollegano altri due volumi dedica- ti, rispettivamente, a Francesco Dalmazzo Va- sco, riformatore piemontese (Dalmazzo France- sco Vasco 1732-1794, Parigi 1940) e Benjamin Constant (Constant Benjamin, Conquista e usurpazione, Torino 1944). Lo scoppio della seconda guerra mondiale, l'occupazione della Francia, la prigionia e, successivamente, la lotta tra le fila partigiane, dal 1943 alla liberazione costituiscono il secondo momento significativo. Il contatto diretto con i problemi della realtà pre e post bellica, vissuti anche attraverso l'esperien- za giornalistica come direttore di "G.L. ", hanno indirizzato la sua ricerca verso uno dei maggiori teorici del socialismo francese, Jean Jaurès, al quale ha dedicato un volume (Jean Jaurès e gli altri storici della Rivoluzione francese, Torino 1948). Nei medesimi anni si maturava l'amicizia con Manlio Brosio, uomo politico e ambasciato- re a Mosca, da cui trarrà origine e corpo l'idea di una permanenza di Franco Venturi in territorio sovietico, con l'incarico di addetto culturale. Una volta a Mosca egli non ha potuto resìstere al fascino di quel popolo e della sua storia. Gli anni cinquanta sono da lui dedicati all'analisi del movimento rivoluzionario russo. Nel 1952 ha consacrato un'opera, in due volumi, al popu- lismo (Il populismo russo, Torino 1952) e, contemporaneamente, una serie di saggi ai prin- cipali personaggi del pensiero riformatore russo (Il populismo di Cernysevskij, in "Ricerche slavistiche", I, 1952; Anna Kuliscioff e la sua attività rivoluzionaria in Russia, in "Movi- mento operaio", n. s., IV, n. 2, 1952). Uno dei maggiori pregi dello storico italiano è, certamen- te, quella sua capacità di rendere l'analisi sinteti- ca, non trascurando mai "il particolare", ma assegnandovi sempre la giusta importanza nel- l'ambito dì una ricerca di più vasto respiro. Esempi splendidi di questa abilità sono i lavori sulla circolazione delle idee e del pensiero illu- minista (Saggi sull'Europa illuminista. I. Al- berto Radicati di Passerano, Torino 1954; Utopia e riforma nell'Illuminismo, Torino 1970; Europe des Lumières. Recherches sur le 18e siècle, Parigi 1971) e le relazioni presentate a numerosi convegni intemazionali, dedicate al- l'analisi del fenomeno nelle differenti parti del vecchio e nuovo continente (Enlightenment- century Italy, in Wealth and Virtue. The Shaping of Politicai Economy in the Scottish Enlightenment, Cambridge 1983). Nelle sue lezioni universitarie, raccolte in dispense, Franco Venturi ha sempre sollecitato i suoi studenti ad una curiosità intellettuale che, magistralmente calibrata, pervade le pagine di quel Settecento Riformatore (Einaudi 1969- 1986) testimo- nianza di una storia vissuta, trasmessa ed inter- pretata. tura ad uno scherzo malizioso. A me pare, invece, che proprio la sua Jeunesse de Diderot, ma anche II populismo russo, scritto in un'epoca di diffuso conformismo stalinista, possano servire da richiamo tempe- stivo al dovere degli storici di non eludere interrogativi scomodi quan- to illuminanti che riguardano il pas- sato, nel momento in cui nuovi con- formismi metodologici e politici in- ducono a ignorarli. Infatti, la lettura dei numerosi li- bri, opuscoli, articoli pubblicati in occasione del ventennale del 1968 non può che indurre a una riflessione sui compiti della ricostruzione stori- za di chi sente di mancare della ne- cessaria prospettiva per affrontare argomenti così recenti e, quindi, teme di essere prigioniero di passioni che inquinerebbero un vero e pro- prio sforzo interpretativo. Ci si deve chiedere, piuttosto, perché le emo- zioni — molla ineliminabile di ogni impegno storiografico — abbiano prodotto soprattutto riflessioni indi- viduali che testimoniano come il di- sorientamento di una generazione dell'oggi abbia preso il posto delle fragili certezze di ieri. Di fronte ad un caso così vistoso di rimozione collettiva lo storico vie- ne ricondotto ad alcune sue respon- Q 00LP OUT OF LONDON PRESS LIBRERIA INTERNAZIONALE- VIA PRINCIPE AMEDEO. 29 10121 TORINO (ITALY) TE IH (Oli) «1227 *2 arte architettura restauro design giardini moda cinema teatro fotografia cataloghi di mostre da tutto il mondo nostro paese. Quando Federico Cha- bod tenne le sue lezioni di storia dell'Italia contemporanea alla Sor- bona non poteva dare nulla per scon- tato: dovette assumersi la responsa- bilità di ricostruire una sequenza di dati e di avvenimenti, connettendoli in maniera tale da rispondere a do- mande come: che cosa era accadu- to e perché? che errori furono com- messi e quali insegnamenti ne avete tratto? in che misura si poteva fare diversamente? Luisella Pesante ha osservato che il conflitto di classe è stato rappre- sentato in quegli anni in maniera così rozza e omnicomprensiva da provo- care oggi, non raramente proprio nel- le stesse persone, un conformismo altrettanto assoluto di segno contra- rio. Pochi osano anche solo alludere a conflitti d'interesse e impegnarsi in una urgente ridefinizione di soggetti sociali, trasformati, ma non elimina- ti, da mutamenti recenti. In questo senso la storiografia che tace e di cui qui si auspica la ripresa è doppiamen- te politica: perché dovrebbe affron- tare l'interpretazione di un conflitto di potere nel passato e perché si pre- dispone a sostenerlo nel presente, nel momento in cui rompe un silenzio anch'esso politico. Infatti, quello che comunemente viene chiamato il Sessantotto non segna che l'inizio di una fase storica, che si protrae fino alle elezioni politi- che del 1976, in cui, per la prima volta dopo il 18 aprile 1948, viene messo radicalmente in discussione un assetto di potere che ha dominato l'Italia per un ventennio. Quella sfi- da fu raccolta da una classe dirigente incapace di esprimere una politica riformatrice, fortemente condizio- nata dal principio della continuità con lo stato anche fascista, ma assai accorta nell'individuare, anche al- l'interno dello schieramento di oppo- sizione, elementi di stabilizzazione del proprio potere: così lo sviluppo del terrorismo, prima nero e poi ros- so, ha determinato una domanda di ordine che non si è spinta fino a mettere in discussione le istituzioni democratiche, ma che ha contribuito potentemente a distruggere i movi- menti rivendicativi di massa; l'infla- zione ha aperto la strada alla defla- zione e alla ristrutturazione dei pro- cessi produttivi in una fase in cui, non a caso, il partito comunista è stato chiamato a partecipare alla maggioranza governativa, ma non al governo. Insomma, si è svolta una gigantesca partita di potere di cui abbiamo sotto gli occhi i risultati, ma che non trova ancora posto nel dibat- tito storiografico e politico odierno. Di fronte a tutto ciò gli ipotetici storici del consenso preferiscono la- sciare il campo ad una sbrigativa pubblicistica che equipara la conte- stazione di un tempo al caos che prelude al terrorismo: una sorta di implosione del movimento protago- nista assoluto e isolato in un panora- ma senza stato e senza mercato, da cui scompaiono gli altri attori. Le inchieste giudiziarie, da quella del 7 aprile al caso Ramelli e, ancor più, quella in atto riguardante l'assassinio del commissario Calabresi, indipen- dentemente dall'esito giudiziario, nella loro specificità producono una memoria collettiva in cui non solo non vi è soluzione di continuità fra movimento e terrorismo — e l'atten- zione rivolta al caso Negri e alle im- prese degli autonomi ha rafforzato un necessario anello di congiunzione — ma che finisce per individuare nel terrorismo l'unico e inevitabile sboc- co di ogni forma di dissenso e di critica manifestato negli anni prece- denti. L'insegnamento che ne deri- verebbe è una sorta di incompatibili- tà dell'opposizione e della lotta col- lettiva che, anche se inizialmente condotta con mezzi pacifici e demo- cratici, condurrebbe di per sé ad esiti peggiori dei mali che l'hanno stimo- lata. Carichi di impliciti significati di ordine generale sono i molti scritti biografici ed autobiografici dedicati ai protagonisti del terrorismo. Alcu- ne opere costituiscono montaggi di comodo di interviste condotte senza rigore metodologico, dove i testimo- ni sono oltre tutto condizionati dalle loro posizioni di prigionieri e dalla fragilità che essa comporta. Alcuni scritti di Giorgio Bocca (ora acqui- stabili in forma di dispense) sono dei buoni esempi in questo senso. Altre opere, come quella recente di Diego Novelli e Nicola Tranfaglia recensita per "L'Indice" da Corrado Stajano, hanno, invece, l'indubbio pregio di presentare scritti autobiografici ela- borati attraverso un seminario con- dotto insieme ad un gruppo significa- tivo di ex-terroristi. L'introduzione di Tranfaglia è giustamente animata dalla preoccupazione di inserire il materiale autobiografico in un conte- sto storico: sia pure sommariamente vengono delineati gli anni precedenti