^mm N. 9 pag. 9 concepito il programma della c.d. 'seconda linea' o 'seconda organizza- zione', secondo cui occorreva stru- mentalizzare, con ... infiltrazione e provocazione, i gruppi estremisti di sinistra, in modo da compromettere questi ultimi negli attentati e farli apparire come responsabili di una attività eversiva la cui reale matrice invece era di destra" [II, 261], Capo della cellula è Franco Giorgio Freda, con un passato nell'MSI e in "Ordi- ne Nuovo", seguace di Julius Evola. Estremista freddo e fanatico, coltiva una sprezzante ideologia elitaria che vuole abbattere l'esecrata democra- zia rappresentativa, strumentaliz- zando gli estremisti di destra e di sinistra. Quanto ad eventuali costi umani, non è il caso di preoccuparsi "di una massa capace solo di mercan- teggiare, mangiare, defecare e ripro- dursi" [II, 264], Freda non si limita ad elaborare ideologia: ha acquistato cinquanta timers del tipo usato per la strage, e potrebbe essere l'acquirente di quattro borse come quelle che hanno contenuto l'esplosivo. Le indagini incontrano ogni tipo di ostacoli, caratterizzati, secondo il procuratore di Bari, "da un segno comune: quello di occultare o disper- dere gli elementi di prova che avreb- bero potuto essere utilizzati a carico dei componenti della cellula eversiva veneta" [II, 489]. Il primo investiga- tore ad occuparsene, il commissario Pasquale Iuliano, di Padova, era sta- to sospeso dal grado e dallo stipendio "per reati calunniosamente ascritti- gli in connessione alle indagini espe- rite [sugli attentati del 1969]... cioè a quei fatti criminosi per i quali è stata poi accertata e dichiarata la respon- sabilità del Freda e del Ventura" [II, 491]. Subito dopo la strage, la que- stura di Padova fu informata che quattro borse del tipo usato per gli esplosivi erano state vendute in una valigeria di Padova; lo riferì alla que- stura di Milano e al Ministero del- l'interno, ma nessuno informò la ma- gistratura che lo seppe solo nel 1972, a seguito di un articolo de "L'E- spresso" [II, 489]. Inoltre due fram- menti delle borse esplose a Milano, prelevati all'insaputa dei giudici da un funzionario degli Interni, furono trasmessi al parallelo servizio tede- sco, che identificò la ditta di prove- nienza. Tali risultanze non furono comunicate ai magistrati, che ne ven- nero a conoscenza solo nel 1972. Scomparve poi il cordino del prezzo di una delle borse sequestrate. "Quel reperto avrebbe potuto imprimere un corso determinante alle indagini, consentendo di risalire al negozio che aveva venduto la borsa. ... Non fu mai trasmesso all'Autorità Giudi- ziaria, nè si è mai più ritrovato". Ancora: certo esplosivo proveniente da Ventura "costituiva corpo di rea- to di valore rilevantissimo, perché aveva idoneità a dimostrare l'identi- tà [con quello degli attentati] e, con- seguentemente, la responsabilità del- la cellula veneta e dei suoi compo- nenti. Ma esso fu distrutto alla pre- senza di Franco Freda senza che ne fosse preavvertito il magistrato che aveva già disposto perizia, e senza che ne fosse prelevato neppure un campione" [II, 490; corsivo origina- le]. ^ Ciò per non dire dei più clamorosi interventi del SID: quando Marco Pozzan, bidello di Padova, comincia a fare pericolose ammissioni su Fre- da, i servizi (generale Maletti, capi- tano Labruna) lo fanno fuggire in Spagna con documenti falsi; il mede- simo trattamento è riservato a Guido Giannettini, con l'aggiunta di un re- golare assegno durante l'esilio. Gian- nettini è personaggio di ben altra levatura del fragile bidello veneto: notoriamente uomo di estrema de- stra, esperto di cose militari, collabo- ra col SID della metà degli anni '60, rimanendo però a lungo ad esclusiva disposizione dello stato maggiore della Difesa. Il caso Giannettini è gravissimo: le indagini mettono in luce il suo stretto collegamento con la cellula veneta, così che quando il SID lo fa espatriare non è un sempli- ce informatore ma un imputato di strage. Soltanto nel 1974 una clamo- rosa intervista giornalistica di Giulio Andreotti rivelerà l'appartenenza di Giannettini al servizio, mettendo in crisi i vertici di questo e creando pesante imbarazzo fra i politici che avevano avallato l'operazione con- sentendo il ricorso al segreto di stato. L'istruttoria contro la cellula ve- neta, da cui il giudice aveva prece- dentemente stralciato la posizione di Giannettini, Pino Rauti e Pietro Lo- camuffati, di anarchici veri e falsi, di spie del SID, crea grande incertezza e confusione: eppure lo spettacolo di Catanzaro riesce a sconvolgere. Sfi- lano davanti alla Corte militari fello- ni, politici inetti, servitori infedeli dello stato, doppiogiochisti scaltri, alternando melmosi scarica-barile al- l'arrogante impudenza di chi sa di essere intoccabile. A sorpresa, con- tro i disegni di quanti contavano che i giudici di una remota assise di pro- vincia non avrebbero osato affonda- re il bisturi nel marcio del potere, la Corte di Catanzaro pronuncia una dura sentenza: ergastolo a Freda, Ventura e Giannettini, condanne per favoreggiamento a Maletti e La- bruna, assoluzione per insufficienza dall'Inquirente (poteva mancare?), e i giochi sono fatti: "la cellula veneta senza Giannettini non significa nul- la,... Giannettini senza il SID non significa nulla,... il SID senza le pro- tezioni politiche non significa nulla" [II, 372]. All'appello di Bari giunge un processo ormai amputato delle componenti più significative, e mal- grado la stringente requisitoria del procuratore della repubblica, i giudi- ci confermano la seconda sentenza di Catanzaro: insufficienza di prove per tutti (1986!). Ma non è finita: dopo una quarta istruttoria, è ora in corso a Catanza- ro un nuovo dibattimento a carico di Massimiliano Fachini e Stefano delle Chiaie. Di costui dice la seconda sen- militante. Sei anni dopo, per difendere un Sindo- na ormai latitante sarebbero scesi in campo, uno alla destra dell'altro, massoni e magistrati de- viami, spie, esponenti dell'oltranzismo italo- americano. Personaggi di cui nessun cronista fino a quel momento, a parte gli anonimi compi- latori della Strage di Stato, aveva immaginato gli insidiosi disegni politici occulti. redan, si conclude nel marzo del 1974 con rinvio a giudizio davanti alla Corte d'Assise di Milano. Non andrà oltre: nell'aprile 1974, dopo un acceso contrasto, la Cassazione assegna a Catanzaro anche il proces- so contro Freda, ordinandone la trat- tazione unitaria insieme a quello contro gli anarchici, previo rinvio a nuovo ruolo ( = tutto daccapo). Per la seconda volta dunque, la magistra- tura milanese viene espropriata del processo, e non basta: nell'aprile del 1975, dopo che il dibattimento ave- va avuto finalmente inizio, la Cassa- zione assegna a Catanzaro anche l'ul- timo brandello milanese dell'indagi- ne, lo stralcio contro Giannettini, con ulteriore rinvio a ruolo. Il dibat- timento unificato inizierà solo nel 1977, protraendosi fino al febbraio 1979. A questo punto sono passati dieci anni dalla strage, i fatti sono remoti, l'Italia sta vivendo una nuova, dram- matica stagione di terrorismo (assas- sinio Moro), la presenza su un unico banco d'accusa di fascisti dichiarati e di prove a Valpreda, quest'ultima ba- sata su un fragile castello di ipotesi [III, 315], Ma lo scagionamento, seppure du- bitativo, degli anarchici e la condan- na dei fascisti insieme agli apparati dello Stato sono esattamente il con- trario di ciò che tutte le manovre di depistaggio, inquinamento e dilazio- ne avevano voluto: non possono quindi restare in piedi. La sentenza d'appello di Catanzaro (1981) rico- pre la vicenda con una palata di tran- quillizzante opacità: assoluzione ge- nerale per insufficienza di prove ai maggiori imputati, anarchici, fascisti (ci sono per nulla gli opposti estremi- smi?) e Giannettini, riduzione di pena per Maletti e Labruna, che agi- rono per motivi personali e non per conto del SID (gli apparati sono sani). Dopo di che (giugno 1982) la Cassazione rinvia alla Corte d'appel- lo di Bari tutti gli imputati tranne Giannettini, la cui assoluzione passa in giudicato. Il SID esce così dal processo; frattanto i politici che lo avevano coperto sono stati assolti tenza di Catanzaro: "sarebbe stato opportuno, a suo tempo, fare piena luce sulla posizione nella vicenda di Stefano .Delle Chiaie, il cui ruolo, invece, non è stato mai chiarito nel corso del processo, malgrado gli aspetti inquietanti che la sua figura presentava" [III, 479]. A suo tempo, appunto: ma oggi quanta luce si po- trà fare? Proprio perché le speranze di lumi processuali sono scarse, è importante salvaguardare la memoria storica. Nel saggio citato, Bobbio affermava: "La maggior parte degli uomini ha la memoria debole, quando non si tratti delle proprie ferite. Ci deve pur esse- re qualcuno che si assuma il compito di rappresentare la memoria colletti- va e quindi di non tralasciare nulla che ci aiuti a capire". (N. Bobbio, La democrazia ed il potere invisibile, Ri- vista Italiana di Scienza Politica, X, 2 [Agosto 1980], p. 202). A chi vuole capire, questi volumi offrono un importante contributo. Alessandro ANASTASI (a cura di) MODELLI DI DEMOCRAZIA INDUSTRIALE E SINDACALE 2 Tomi di complessive pag. XVI-914, L. 75.000 Achille CUTRERA (diretto da) ANNUARIO EUROPEO DELL'AMBIENTE 1988 p. XVIII-954, L. 110.000 Giovanni DI GIANDOMENICO Claudio ANGELONE (a cura di) CODICE DELLA NAUTICA DA DIPORTO p. VIII-800, L. 40.000 Marcello FEDELE AUTONOMIA POLITICA REGIONALE E SISTEMA DEI PARTITI Voi. Il: Le fprme politiche del regionalismo p. VI1I-216, L. 18.000 Robertino GHIRINGHELLI IDEE, SOCIETÀ ED ISTITUZIONI NEL DUCATO DI PARMA E PIACENZA DURANTE L'ETÀ ILLUMINISTICA p. XXVI-293, L. 28.000 Marco GUICCIARDI Alessandro SALVINI (a cura di) LA PSICOLOGIA DELL'ATLETA p. VIII-400, L. 31.000 Guglielmo GULOTTA Giuseppe SANTI DAL CONFLITTO AL CONSENSO p. VI-240, L. 19.000 Luigi LACCHÈ LATROCINIUM p. 428, L. 35.000 GIUTFRf EDVIORE-MILJIPiO VIA BUSTO ARSIZIO 40 TEL. 3010106 • CCP 721209