N. 8 pag. 41 Fantascienza Antonio Caronia, Il Cyborg, Tbeoria, Roma-Napoli 1985, pp. 127, Lit. 7.000. Cyborg, ossia Cybernetic Organi-sm, è un termine medico relativamente recente, che sta a indicare un corpo umano con organi sintetici. Per translato, nella fantascienza indica l'ibrido tra l'uomo e la macchina: discendente dei robot e degli automi di cui abbonda la letteratura fantastica, introduce però in essa un nuovo elemento inquietante: la sensazione che la fragile barriera tra l'interno e l'esterno dell'uomo sia stata infranta, che risulti impossibile distinguere tra creatore e creatura e definire con certezza ciò che è uma- no e ciò che non lo è. Antonio Caronia, già animatore di Un'ambigua utopia, una rivista che ha contribuito a rinnovare la critica di fantascienza in Italia, fa un rapido ma interessante excursus sull'uomo artificiale, partendo dalle radici alchemiche e magiche dell'homunculus medioevale e del Golem giudaico-praghese, passando per Frankenstein per arrivare alle creature elettroniche contemporanee. Seguire lo sviluppo della "creatura" significa definire gli spazi che ha occupato e le funzioni che ha svolto nella letteratura fantastica: dal mito della creazione alla critica della scienza, dall'emarginazione del diverso all'affermazione, nell'uomo artificiale, di una psicologia sempre più complessa. Oggi, il sogno dei mad doctors si è finalmente verificato: non solo i cyborg sono ormai una realtà nella scienza medica, ma sempre più la macchina, an- che se non antropomorfa, è in grado di simulare l'intelligenza umana. Restano, per la fantascienza, degli ulteriori interrogativi: e il più importante, come dice Caronia, è capire se siamo di fronte al "trionfo o allo scacco definitivo del materialismo dell'uomo-macchina". M. Della Casa _Gordon R. Dickson,_ Il richiamo delle stelle Nord, Milano 1985, ed. orig. 1983, trad. dall'inglese di Roberta Rambelli _pp. 378, Lit. 6.000 Nei romanzi di fantascienza la figura dell'astronauta che parte per mondi lontani è spesso ricalcata su quella dei primi pionieri della storia americana : la medesima volontà di raggiungere nuovi territori, la coscienza di aprire una strada che altri percorreranno, la consapevolezza che il futuro è davanti e che non serve a niente voltarsi indietro. Bisogna essere "uomini veri", come i protagonisti del film sui primi americani nello spazio, e il lancio di una nuova navetta diviene la sintesi del coraggio e dell'intelligenza dell'uomo. Non sempre però le cose vanno liscie e a volte dietro i voli spaziali c 'è un intreccio di corruzione, di odii e di disegni criminosi: un po ' come avvie- ne in Capricorn One, la storia di un lancio fasullo ricostruito in studio per i mass-media. Il richiamo delle stelle, uno dei più avvincenti romanzi di SF uscito quest 'anno in Italia, sta a metà strada tra questi due estremi, tra l'epopea dei nuovi pionieri spaziali e la descrizione di un sistema di potere ambiguo e vischioso, troppo miope per comprendere l'importanza dell' esplorazione spaziale. In un ipotetico prossimo futuro, le maggiori potenze mondiali decidono di varare un programma spaziale congiunto, con destinazione Marte. L'operazione è molto complicata, e le rivalità politiche, gli interessi industriali contrapposti, le pesanti interferenze dei servizi segreti rischiano di far fallire il progetto e di vanificare gli sforzi dei pochi che credono veramente nella missione. E, per questi ultimi, si tratta di pagare un prezzo personale altissimo per raggiungere un risultato altrimenti impossibile. La novità più interessante del romanzo sta nello stile "realistico ", quasi si trattasse di un servizio giornalistico: come osserva Carlo Pagetti nell'introduzione, Dickson "si basa su moduli espressivi di derivazione sostanzialmente mimetica, non fantastica ", sull'intreccio di elementi polizieschi, drammatici e sentimentali, sull'incrociarsi di personaggi che non si conoscono e che non sì rendono conto di essere all'interno di qualcosa che trascende la volontà e il destino individuale. Come se II richiamo delle stelle coinvolgesse tutti, dalla cameriera di bar al presidente degli Stati Uniti. M. Della Casa Cinema Antonella Licata, Elisa Mariani Travi, La città e il cinema, Dedalo, Bari 1985, pp. 99, Lit. 10.000. Scenario ideale di tante e tante avventure cinematografiche, la città ha assunto nel suo rapporto con il cinema volti molto diversi. Ad essi è dedicato quest'agile volumetto che, a volte con un eccesso di superficialità, tenta di definire i diversi usi e le diverse immagini, impostesi nell'ambito della storia del cinema, attraverso le sue scuole, gli autori e i generi. Partendo dalla giusta convinzione che il "mezzo cinematografico è il più atto ad esprimere la tempo-ralizzazione dello spazio insita nel concetto di città", le due autrici dimostrano come la metropoli non si configuri tanto come uno sfondo portatore di una propria semantica, quanto piuttosto di un materiale remventato dalla pratica registica che gli conferisce una nuova valenza semantica. Peccato che qui e là si abbia l'impressione che il filo del discorso venga un po' perso e che finisca con l'affermarsi una pratica eccessivamente empirica. Molto bella la documentazione fotografica, che forse avrebbe dovuto imporre al libro una veste più ricca, e le note che l'accompagnano. Il volumetto è chiuso da un'intervista all'architet-to-scenografo Luciano Spadoni. S. Cortellazzo Cesare Biarese, Aldo Tasso-ne, I film di Michelangelo Anto-nioni, Gremese, Roma 1985, pp. 176, Lit. 35.000. In un libro dove le immagini di- cono almeno quanto le parole, Biarese e Tassone affrontano il difficile compito di scrivere del cinema di Antonioni, dopo II mistero di Ober-wald e Identificazione di una donna. Ma forse più che per le analisi su questi ultimi film, l'importanza di quest'opera sta nel suo farci riflettere sul lavoro di un regista dotato a tal punto di rigore stilistico, senso dell'immagine, capacità di catturare la dimensione interiore dell'uomo e delle sue relazioni con una oggettività e un distacco ancora oggi sorprendenti, da influenzate il miglior cinema contemporaneo come forse nessun altro dei suoi colleghi è riuscito a fare. Il libro, dopo una parte introduttiva, nell'ambito della quale è presente anche una sezione biografica ricca di notizie in buona misura poco conosciute, prende in esame i vari film dell'autore, analizzandone gli aspetti di maggiore interesse. Non potevano mancare, in chiusura, una sezione dedicata ai racconti di Antonioni stesso, una puntuale filmografia e un'attenta bibliografia. S. Cortellazzo Giorgio De Vincenti, Andare al cinema. Artisti produttori e spettatori. Cent'anni di film, Editori Riuniti, Roma 1985, pp. 184, Lit. 7.500. Riuscire a dare in poco più di 150 pagine un'idea dell'intera storia del cinema, dei suoi maggiori autori, delle sue scuole più significative, dei generi impostisi e delle riflessioni teoriche a cui tutto ciò ha dato vita, è certo cosa non facile. Eppure De Vincenti vi è qui riuscito, soprattutto grazie all'intelligenza di una scelta che ha privilegiato la sintesi discorsiva agli imperativi del "non tra- lasciamo nulla" che spesso si traducono in illegibili quanto inutili e sterminati elenchi. Pur con qualche schematismo, probabilmente inevitabile, l'agile volume si fa apprezzare per la precisione e l'acutezza di numerose definizioni (e in testi del genere queste capacità sono quelle più necessarie), per la chiarezza con cui affronta nodi teorici tutt'altro che facili e per il complessivo e intelligente modo con cui è stata organizzata la complessa materia. Insomma un libro veramente "di base", in grado di fungere da ottima introduzione per tutti coloro che col cinema vogliono avere un rapporto che vada al di là della semplice visione dei film. D. 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