L'INDICE ■■Idei libri del meseHh Investigatori Wolfe: al riparo nella propria casa di Fulvio Gianaria e Alberto Mittone Una celebrità vissuta nell'ombra di Mariolina Bertini Tra i colori della letteratura, il giallo non perde intensità, miscelato talora al nero, al rosa- to, al rosso sangue. Taluni titoli ingialliscono, altri riprendono vigore, talora vengono promossi dal cinema, altre volte proposti dalla televisione, con un'atten- zione inesausta del pubblico. Il fenomeno merita riflessione, in quanto non esistono eguali in al- tri generi, e la memoria non può non rievocare attori che inter- pretano celebrità letterarie, ri- evocazioni ambientali che trasfe- riscono nei luoghi costruiti dalla fantasia del lettore. Anche la televisione italiana si è impegnata in questa direzio- ne, con straordinari successi co- me il Maigret di Gino Cervi (1964-1972), successi più mo- desti come il Philo Vance di Al- bertazzi (1974) e risultati ono- revoli come il Nero Wolfe di Buazzelli (1969-1971). La trasposizione dal libro allo schermo è sempre apprezzata, molto meno quella che Eco de- signa come "comparazione tra- spositiva". E cioè il voler rifare una serie già mandata in onda nel passato con altri attori e am- bienti. Non ammonita dello sciagurato insuccesso del Mai- gret di Castellino (2004) dopo quello di Cervi, la televisione ha mandato in onda sette puntate su Nero Wolfe dopo Buazzelli. Nero fu creato da Rex Stout, che dal 1934 al 1975, anno del- la sua morte, confezionò 33 ro- manzi e 39 racconti su uno schema innovativo rispetto al passato, ma senza apparenti rotture. La tradizione, fino a quegli an- ni, era dominata dal classico in- treccio basato sulla logica, raffina- to, igienicamente lontano dal san- gue. Si affaccia l'idea di affiancare all'eccellenza dell'indagatore un aiutante mediocre ma stimolante, come 0 celebre Watson rispetto a Sherlock Holmes, senza però sfondare la cornice. Ma alle pare- ti di queste tranquille abitazioni premono la strada, la violenza, le devianze, i pericoli per la colletti- vità. E così, forse per primo, Rex Stout intuisce l'esigenza, e affian- ca a Nero Wolfe un collaboratore, Archie Goodwin, non riflessivo come lui, non appannato e me- diocre ma rivelatore di altre capa- cità, braccio attivo ed esecutivo della mente superiore. Si coniugano così due mo- menti della storia del giallo e al primo più antico, riflessivo e pacato, eccentrico e borghese, si affianca quello più moderno, di- namico e fisico. Nero e Archie sono i prototipi di questi due momenti. Nero ha bisogno di Archie perché non si sposta, è pigro, comodo, grasso, ama cu- rare le orchidee e seguire le pie- tanze. Egli domina il fuori con la mente, ma ne ha timore fisico, e quindi vi si rinchiude. La sua è una filosofia di vita precisa: la- vora per i soldi che gli danno benessere, ma non solo per que- sto. Intende svelare il crimine, ma non solo questo, in quanto non intende bonificare il mondo e purificarlo dal male. Non gli piacciano gli uomini e ne diffida con sano egoismo, non ama i buoni sentimenti e ne sta lonta- no, si difende dalle donne che lo intimoriscono. La sua casa è il suo ventre materno dove si rifu- gia, si protegge, maschera la sua fragilità, elabora, svela, dipana le matasse. E in quella casa si sente dominatore, si rende con- to che solo lì realizza il proprio valore nel confronto con il delit- to, suo unico e vero antagonista, degno di lui. Ma per raggiunge- re questo obiettivo ha necessità di altri, del dinamismo di Ar- chie, del gusto dell'avventura che lo anima, della sua intra- prendenza. Nero ne riconosce i meriti, come sa apprezzare il va- lore altrui e soprattutto di chi la- vora con lui e per lui. E presun- tuoso perché sa di valere, ma non deprime chi gli sta accanto, anzi lo gratifica con denaro e ri- conoscenza. È vanitoso, ma sa riconoscere i propri errori. Se è convinto di una battaglia, si mette in discussione anche con- tro i potenti, come contro l'Fbi. Di queste caratteristiche alcu- ne soltanto erano presenti nella serie di dieci episodi con Buaz- zelli, ma la qualità dell'attore, reduce da trionfi nel teatro im- pegnato, fecero svettare l'inte- resse del pubblico. Venivano esasperati l'introversione e l'e- gocentrismo rispetto al marcato dandismo del Goodwin di Pao- lo Ferrari, caratteri che poteva- no far arricciare il naso ai fan, ma la resa fu egregia. La ripresa di oggi non ha nul- la dei caratteri del protagonista in termini di tenebrosità, di mi- stero, di fragilità, di ironia, e neppure della corte attorno a cui egli ruota e che con lui fa tutt'uno. Soprattutto, non si comprende la ragione, se non la valorizzazione turistica della "location", di ambientare a Ro- ma, peraltro nel 1959, episodi costruiti per l'America, di dis- solvere i personaggi che attor- niano Nero, di creare un cuoco simpatico per il suo lontano mutismo nella banda Arbore, di far collaborare alle inchieste di ibrido investigatore privato ro- mano, di far comparire una giornalista morbida e sexy. Tut- to è ammissibile e ragionevole se si colloca a Roma la storia e quindi la cornice deve essere quella della città eterna. Ma perché allora rifarsi a Nero Wolfe? Il prodotto finale è un lavoro nuovo, appetibile da pa- lati nuovi, immemori delle sto- rie che speriamo non leggano per non cadere nello sconforto. Auguriamoci di non vedere un Maigret inchiodato a Palermo, Marlowe a Milano, Poirot a Fi- renze, Sherlock Holmes a Napo- li. Si comprendono i motivi del- la valorizzazione turistica, ma perché dimenticare le trascinan- ti e autentiche avventure del commissario De Vincenti a Mila- no, del commissario Santamaria a Torino o del sempre verde Montalbano nella sua Sicilia, sia giovane che adulto? ■ advoctor@tin.it F. Gianaria e A. Mittone sono avvocati Josephine Tey È CADUTA UNA STELLA ed. orig. 1936, trad. dall'inglese di Giulia Failla, pp. 212, € 10, Mondadori, Milano 2012 IL RITORNO DELL'EREDE ed. orig. 1949, trad. dall'inglese di Marcello jatosti, pp. 236, € 10, Mondadori, Milano 2012 LA STRANA SCOMPARSA DI LESLIE ed. orig. 1930, trad. dall'inglese di Marcello jatosti, pp. 203, € 10, Mondadori, Milano 2012 LA FIGLIA DEL TEMPO ed. orig. 1931, trad. dall'inglese di Hilia Brinis, pp.179, € 10, Mondadori, Milano 2012 Elizabeth Mackintosh (1896- 1952), autrice di drammi storici e biblici con lo pseudoni- mo Gordon Daviot, ed eccelsa giallista con il nome di Josephi- ne Tey, è una figura tra le più schive e misteriose della società letteraria del suo tempo. Dopo aver insegnato educazione fisica a Liverpool e nel Kent, nel 1923 torna nella natia Inverness a oc- cuparsi del padre anziano. È al- lora che comincia a dedicarsi al- la scrittura; il suo successo più clamoroso è il dramma Riccardo di Bordeaux (1933), interpretato da John Gielgud che diventa uno dei suoi più cari amici. Ma la vera celebrità - vissuta nel- l'ombra, rifiutando di farsi inter- vistare e fotografare - arriva con i polizieschi firmati Josephine Tey: È caduta una stella, nel 1937, viene portato sullo scher- mo da Hitchcock, con il titolo Young and innocent-, La figlia del tempo, del 1951, nel 1990 verrà proclamato dalla Crime Writers Association il "miglior giallo di tutti i tempi". Nessuno dei quat- tro volumetti che Mondadori ha appena mandato in libreria (e che un tempo avrebbe riunito in un beli'"Omnibus" rilegato) è una novità in italiano: del più ce- lebre, La figlia del tempo, è usci- ta anche un'altra traduzione presso Sellerio, nel 2000. Erano tutti però ormai di difficile repe- rimento e la loro ricomparsa - sotto scintillanti copertine che strizzano l'occhio all'estetica de- gli anni trenta - è un evento dav- vero felice; c'è da sperare che li affianchino presto Sabbie canore (postumo, pubblicato nei "Gial- li" Mondadori nel 1991) e il pri- mo romanzo con l'ispettore Grant, Tra la folla, tradotto da Salani nel lontano 1933. Alan Grant è il progenitore degli in- vestigatori colti, raffinati e sensi- bili messi in scena da P. D. James e da Elizabeth George; un uomo di Scotland Yard che nessuno individua come tale al primo sguardo, discreto nel tratto e di ottime letture, legato da un so- dalizio indefinibile (semplice ca- meratismo? amitié amoureuseì) a un'attrice di teatro, Marta Hal- lard. Grant è al centro di tre fra i romanzi appena ripubblicati. In È caduta una stella indaga sull'assassinio di una diva del ci- nema; in La strana scomparsa di Leslie sul misterioso destino di un giovane fotografo americano; in La figlia del tempo, immobiliz- zato in ospedale da una frattura, analizza, con risultati sorpren- denti, la leggenda nera di Riccar- do III e dei suoi nipoti uccisi nella Torre di Londra. Dal mo- dello del giallo classico, rispetta- to nella serie di Grant, si distac- ca un po' Il ritorno dell'erede, storia degli esiti imprevisti di una sostituzione di persona truf- faldina, sullo sfondo di un'in- cantevole Inghilterra rurale. Che Grant compaia o non compaia, comunque, il punto forte di Josephine Tey è sempre lo stesso: il dialogo. E attraverso un dialogo insieme spontaneo e sofisticato che emerge, in questi gialli di gran classe, la psicologia dei personaggi; l'esperienza tea- trale dell'autrice sembra fondere romanzo e commedia in un nuo- vo genere, all'insegna dell'ironia e àAY under statement. ■ maria.bertinigunipr.it M. Bertini insegna letteratura francese all'Università di Parma Come Wallander di Rossella Durando Kirsten Jacobsen, mankell (su) mankell, ed. orig. 2011, trad. dallo svedese di Lisa Raspanti, pp. 346, €19, Marsilio, Venezia 2012 Henning Mankell non è solo Kurt Wallander. Innanzitutto, per- ché i polizieschi di critica sociale con protagonista il celebre po- liziotto di Ystad costituiscono appena un quarto dell'intera produ- zione artistica dello scrittore svedese. Ma anche perché, come Man- kell racconta alla giornalista danese Kirsten Jacobsen in questa cor- posa biografia targata Marsilio, "non credo neppure che saremmo amici, se lui esistesse nella realtà. Io in ogni caso preferirei essere amico di Sherlock Holmes". Quella dedicata a Wallander è una del- le sezioni più interessanti di Mankell (su) Mankell, volume che nasce da un'intervista lunga un anno realizzata tra la Svezia e la Francia. Il commissario, con cui l'autore precisa di avere in comune solo l'età, l'amore per l'opera italiana e la dedizione calvinista per il lavoro, de- ve il suo successo di pubblico al fatto che la sua personalità sia tanto complessa e sfaccettata da risultare verosimile. Dalla tumultuosa vi- ta sentimentale, leggermente sovrappeso, ambizioso nel voler risol- vere i crimini, Wallander esordisce nel 1991 (Assassino senza volto), riempiendo il vuoto lasciato dal collega Martin Beck della coppia Sjòwall e Wahlòò. Fino al tramonto di Wallander nell'isolamento dell'Alzheimer (L uomo inquieto, 2009), s'insinuano nelle trame dei romanzi i temi della democrazia, del razzismo, "della forza e della vulnerabilità dello stato sociale, della perdita di sicurezza, dell'isola- mento umano e della mancanza di solidarietà". Temi cari al sociali- sta indipendente Mankell che, non lesinando un linguaggio taglien- te, fa un'amara analisi della socialdemocrazia svedese e riserva, in al- tra parte del libro, parole particolarmente graffiami a Israele (parte- cipò nel 2010 all'iniziativa "Ship to Gaza" per chiedere la fine del- l'embargo israeliano alla striscia di Gaza). Bel temperamento questo Mankell, che ricorda come, già ai tempi delle dimostrazioni degli an- ni settanta, giovane militante di estrema sinistra, rifiutasse di sfilare sotto le immagini di Stalin e Mao. E in quegli stessi anni si prepara- va a un altro incontro cruciale: quello con l'Africa. Là ha contratto la malaria, ha visto da vicino l'Aids (Io muoio, ma U ricordo vive, 2005), ha rischiato due volte la vita, ma ha trovato la sua seconda casa. A Maputo, in Mozambico, dove abita per molti mesi all'anno, è consi- gliere artistico del teatro Avenida, in cui mette in scena opere classi- che europee calate nella realtà africana. Il vero foglio Non fidatevi delle cattive imitazioni. ^^ il foglio è il «mensile , 2S. di alcuni cristiani torinesi», diretto da Antonello Ronca. ^^ Tra i fondatori, ^ nel febbraio 1971, Enrico Peyretti, • mmm direttore fino al 2001, e Aldo Bodrato. Tra i sostenitori Norberto Bobbio. Esordì quando sotto la Mole era vescovo padre Pellegrino. Per info: www.ilfoglio.info Per riceverlo in saggio: abbonamentifoglio@gmail .co ;