N. 10 12 C3 o • o so • o « I New Deal siciliano di Nando Dalla Chiesa §P t/) 4 4 T" n cristiano non può finanziare la criminalità I e prendersi la comunione domenicale, non può avere sulla coscienza tanti morti per droga o per guerre provocate da questi venditori di armi. Un cri- stiano non può, per salvare il proprio lavoro, con- dannare a morte". Così parlò Rodolfo Guajana, vo- ce coraggiosa della nuova generazione di imprendi- tori che si batte per dare alla Sicilia un'economia fondata sul merito e sul mercato. In quell'agosto del 2007, dopo un'impressionante catena di minacce e violenze subite dalle imprese dell'isola un po' in tut- te le province, Guajana lanciò il suo allarme dalla pa- gine del "Giornale di Sicilia". Occorreva rompere l'antico patto scellerato con la mafia, che Cosa No- stra intendeva fare rispettare e perfino estendere usando le sue più tipiche modalità di persuasione. Guajana era in buona compagnia. Non come Li- bero Grassi assassinato con esemplare, irrisoria faci- lità sotto casa sua. No, il 2007 era davvero un'altra stagione. Tanto che nemmeno un mese dopo si tenne una storica riunione dei vertici della Confindustria si- ciliana a Caltanissetta. Tutti convocati da Ivan Lo Bello, il presidente. Per prendere una decisione che sarebbe diventata uno spartiacque tra il prima e il do- po: quella di condannare il pagamento del pizzo; anzi di espellere dall'asso- ciazione chi avesse accet- tato di pagare o tenere comportamenti collusivi. E da quella riunione, volta a rimettere radical- mente in discussione i rap- porti tra economia legale ed economia illegale, che muove L'isola civile, il li- bro scritto recentemente da Serena Uccello e Nino Amadore (pp. 261, € 17,50, Einaudi, Torino 2009) e che ha per sottoti- tolo esplicativo Le aziende siciliane contro la mafia. I due autori si occupano di economia criminale come giornalisti del "Sole 24 Ore". E, proprio come molti imprenditori, rap- presentano nel giornali- smo siciliano la generazio- ne della discontinuità, quella che è entrata nel mondo adulto con addos- so l'orrore delle stragi e il bagaglio di una nuova sen- sibilità civile. Non per nul- la Amadore è anche auto- re dello scomodissimo La zona grigia. Professionisti al servizio della mafia (La Zisa, Palermo 2007). L'iso- la civile racconta il senso e il contesto di una rivolta che può diventare una tappa miliare nella storia meridionale e nazionale di questi decenni. Perché ri- guarda un sottosistema cruciale nell'organizzazio- ne della forza e del con- senso mafiosi, quello eco- nomico appunto, a lungo inespugnato. Dagli anni ottanta a oggi vi è stata in Sicilia - specialmente a Palermo - una lunga rivol- ta che ha scompaginato i precedenti equilibri tra stato, società e mafia. Una rivolta non solo emotiva, ma nutrita di principi, di scelte, anche di competen- ze professionali. Che però ha riguardato il sottosistema sociale e civile, quello istituzionale (la magistratura, le forze dell'ordine), oppure quello culturale e morale (la chiesa, per esem- pio). Per un certo periodo anche quello politico. Ma non aveva mai concretamente penetrato quello eco- nomico, evidentemente reso più impermeabile dalla vischiosità degli interessi materiali. I commercianti di Capo d'Orlando avevano sì rappresentato un segna- le importante, così come le prime forme associative di denuncia o le scelte di alcuni singoli operatori, spes- so pagate a caro prezzo (se non l'eliminazione fisica, certo la chiusura dell'attività, l'isolamento della fami- glia o la riconversione professionale in altre regioni). Ma una presa di posizione come quella assunta all'in- contro del settembre 2007 non era mai nemmeno sta- ta all'ordine del giorno. Come condannare infatti chi era costretto dalle intimidazioni, dagli attentati, dagli esattori armati, a pagare somme anche ragguardevoli a Cosa Nostra? Non c'era forse una ragione di neces- sità, fra l'altro invocata in diverse sentenze giudizia- rie, ad assolvere la decisione di chinare la testa e alla fine considerare il pizzo niente più che un normale, seppur peculiare, "costo d'impresa"? Serena Uccello e Nino Amadore disegnano lo sce- nario in movimento che porta a questo new deal si- ciliano. Da Palermo a Catania, da Messina ad Agri- gento, si staccano le storie di imprenditori coraggio- si e determinati a liberarsi dal peso e dai costi del do- minio mafioso. Alcuni già largamente noti alle cro- nache, come il catanese Andrea Vecchio o il nisseno Marco Venturi o il palermitano Ettore Artioli; altri, come Rodolfo Guajana appunto, meno conosciuti, ma ugualmente protagonisti di sfide esemplari. Al- Pragmatici e visionari di Vittorio Greco Nessuno aveva previsto il nostro arrivo. Eppure veniamo da lontano, siamo in cammino da una vita, per quanto le nostre siano ancora giovani. Siamo entrati in scena con slancio, immediatezza e con un briciolo di incoscienza. Eppure in quel che abbiamo incominciato, intrinsecamente, c'è ponderatezza, me- diazione e una profonda consapevolezza. Abbiamo la- sciato il segno ancor prima che ci rendessimo conto che i segni ce li portavamo addosso da anni. Ci aveva- no segnato quando eravamo ancora giovanissimi con l'incontenibile voglia di lasciare un segno di cambia- mento nella storia di Palermo. Piazza Magione, sabato 4 aprile 2009: un gruppo di persone armeggiano con corde, metri e sacchetti di cal- ce per disegnare il logo del comitato, lì dove da bambi- ni giocavano Falcone e Borsellino. Accolti dai ventenni del Comitato Addiopizzo che distribuiscono i cappelli- ni arancioni, sono arrivati a ondate i trentenni, i ragazzi delle scuole, i professori che dopo l'istantanea andran- no a volantinare per il quartiere. C'è una ragazza di di- ciassette anni che da grande vuol fare l'alto ufficiale dei carabinieri e il figlio di un grande partigiano che dicias- sette anni li aveva nel 1968. Dall'alto del convento che sta lì, nel bel mezzo della piazza, dalla radiotrasmittente parte l'ok: siamo disposti bene e si scatta! Vogliamo im- mortalare il simbolo del nostro disegno di cambiamen- to, semplice e netto: una X arancione inscritta in un cer- chio parzialmente aperto. È composto dagli attivisti del comitato, da professori e studenti, dagli operatori eco- nomici pizzo-free e dai cittadini/consumatori che li so- stengono. Il cerchio è aperto, disposto ad accogliere chi vuol smettere di pagare, denunciando. La foto verrà utilizzata anche per comporre la coper- tina della sesta edizione della Guida del consumo critico Addiopizzo. Una storia di poco meno di cinque anni con- centrata in cinquanta pagine. Non è stata impaginata a pagina intera, non so bene perché, ma mi piace pensare che voglia dire: "Ancora non l'avete vista tutta!". Mag- gio 2009: 380 attività pizzo-free, è l'ultimo aggiorna- mento della guida messa a disposizione per il cittadino che ".. .sì, va bene, sperimentiamo quel che dicono que- sti ragazzi: pago chi non paga". Aprendo la guida, illu- striamo chi siamo: "H Comitato Addiopizzo, associazio- ne di volontariato nata a Palermo nel 2004, lotta contro il racket delle estorsioni mafiose tramite la promozione del consumo critico e la sensibilizzazione della società ci- vile. La campagna di consumo critico Addiopizzo è una pratica collettiva che impegna i cittadini-consumatori a compiere i propri acquisti presso le imprese locali che non sottostanno al cosiddetto pizzo. Chi effettua i pro- pri acquisti e consuma presso attività commerciali libere dal pizzo fa sì che i propri soldi non finanzino indiretta- mente Cosa nostra e, soprattutto, sostiene le imprese che si oppongono all'estorsione, partecipando così, dal bas- so, alla costruzione di un mercato libero e responsabile". Prima della presentazione, trova posto la locandina del- la quarta fiera/festa del consumo critico. Dal maggio del 2006 la facciamo sempre lì, a piazza Magione, con i com- mercianti della lista pizzo-free e i cittadini che vengono per conoscerli e ascoltare i dibattiti, insieme agli studen- ti e ai professori che durante l'anno incontriamo nelle scuole e a tutti quelli che la sera hanno voglia di cantare e ballare con il movimento antiracket di Palermo. È il maggio della nostra rivoluzione culturale. Tra le persone che hanno composto il logo ce ne sono diverse che han- no una scorta. Denunciare i mafiosi ai quali per armi hai pagato il pizzo alle volte comporta anche questo. Per fortuna sono una minoranza, tra i cento operatori del pa- lermitano che hanno denunciato o collaborato attiva- mente con gli inquirenti, quelli che sono costretti ad ave- re una scorta sono sette. Alla lunga, però, la protezione migliore la dà la solida- rietà della gente comune e dei colleghi. Questa solida- rietà, a sua volta, è solida e duratura se nella lotta di un imprenditore si riconosce una lotta che riguarda tutti e ciascuno: una lotta per l'affermazione di un diritto. Li- bero Grassi fu ucciso il 29 agosto del 1991 non perché denunciò pubblicamente i mafiosi, ma perché fu lascia- to solo. Ciò che fa terra bruciata attorno a un uomo che si difende dalla mafia, e che così lotta per conquistare un diritto di tutti, è racchiuso nello sguardo di chi vede un mondo immutabile: è omertà, indifferenza, rassegnazio- ne. Noi invece cerchiamo di essere parte di quel cam- biamento che vorremmo vedere e allora, sebbene sia tutt'altro che semplice, ci sperimentiamo in una manie- ra che è, nel medesimo tempo, pragmatica e visionaria. L'indice della guida elenca più di trenta categorie mer- ceologiche per un paniere della spesa che ancora è ben lungi dall'essere esauriente. Infatti, nella guida ci sono le indicazioni e i recapiti per avviare la procedura di ade- sione alla campagna e quelli dell'associazione antiracket "Libero Futuro", nata da una costola del movimento nell'autunno del 2007, e che si occupa, in maniera diret- ta e riservata, di chi vuol smettere di pagare denuncian- do. Chi lo fa, dopo le fasi più delicate del procedimento giudiziario, aderisce alla lista del consumo critico. La no- stra campagna si propone di avere un marcato profilo economico, ma innanzi tutto è un'operazione culturale di medio e lungo periodo. Per questo informiamo detta- glitatamente sui nostri progetti nelle scuole, dedichiamo pagine al mondo dell'edilizia e una la dedichiamo alla li- sta pizzo-free che ha visto la luce a Napoli. Il grosso del- la pubblicazione è, ovviamente, l'elenco, dettagliato co- me le pagine gialle, degli operatori pizzo-free. Per strada e negli occhi di migliaia di palermitani lotte ancora da raccontare, storia sul procinto di compiersi. l'origine della scelta spartiacque e della successiva determinazione nel difenderla, c'è la classica "com- binazione chimica" prodotta dalla storia. Anzitutto l'arrivo di una nuova generazione di imprenditori cosmopoliti, non imbevuti di sicilianismo, che studia o si perfeziona in università straniere, che misura l'a- bisso culturale e di comportamenti tra le società più evolute e il pascolo mafioso. Poi la fioritura di im- prese rivolte a un mercato internazionale, competiti- vo e non protetto, su cui dunque non si può scarica- re il "costo d'impresa" imposto dalle usanze locali. Poi ancora la fine dell'egemonia, nella Confindustria siciliana, della categoria dei costruttori, più inclini a mediare con il sistema politico-mafioso anche per la loro maggiore dipendenza dalle risorse e decisioni di quel sistema. Quindi i successi inanellati dallo stato contro le cosche, fino all'arresto di Provenzano, che incoraggiano a interpretare in forme più libere il proprio ruolo. E naturalmente, ancor prima, l'azio- ne educativa svolta, verso questa stessa generazione, dalla scuola e dagli esempi delle grandi figure istitu- zionali, senza di cui certi dilemmi morali (posso co- me imprenditore finanziare gli assassini?) non si sa- rebbero forse mai presentati in forme tanto radicali. Al fianco, una risorsa decisiva, anch'essa frutto di un lungo cammino civile e sociale: l'applicazione a que- sto campo minato dei principi del consumo critico; la scelta cioè, da parte di importanti settori dell'opi- nione pubblica, di premiare le aziende che non ven- gono a patti con la mafia laddove una volta la ribel- lione ai clan procurava invece la rarefazione della clientela. Gli autori si diffondono in tal senso sull'e- sperienza del movimento "Addiopizzo", ma esplici- tano anche i vantaggi commerciali tratti, come nel caso dell'Antica Fo- cacceria di Palermo del- l'imprenditore Vincenzo Conticello, dall'assunzio- ne di una funzione simbo- lica per i valori dell'anti- mafia. L'isola civile è un libro moderno, che offre più motivi di interesse, anche se avrebbe guadagnato da una maggiore sistemati- cità espositiva (diverse ri- petizioni e sovrapposizio- ni di registro), specie a fa- vore dei lettori meno in- trodotti. Molto attento a non cadere nella retorica dell'eroismo, ribadisce la "semplice" lucida consa- pevolezza e determinazio- ne quotidiana dei prota- gonisti. I bagni di retorica sempre in agguato giustifi- cano senz'altro questa cautela. E tuttavia la co- noscenza degli avveni- menti e le stesse riflessioni suggerite dal libro induco- no proprio a scegliere la categoria dell'eroismo (non solo i morti sono eroi). Vale forse la pena di ricordare come Joseph Schumpeter vedesse nel- l'imprenditore l'eroe mo- derno, l'equivalente nella società capitalistica del guerriero valoroso delle antiche società militari. Per la sua capacità di in- frangere da solo gli sche- mi e di sfidare le conven- zioni sociali, di sopportare i costi della rottura pur di creare il nuovo. Se lo dice- va Schumpeter, che alla retorica non indulgeva, questi imprenditori che hanno sfidato e sfidano costi ben superiori a quel- li da lui immaginati meri- tano almeno l'onore della sua suggestiva analogia. ■ N. criminalità organizzata alTUniversità di Milano