n , imcg u li. ^dei libri oelueseii 11 che sia la principale questione che oggi l'opposi- zione deve affrontare in un momento difficile, sen- za per questo farsi prendere dall'angoscia per una così grande forza di espansione del capo e della maggioranza di governo. A tale proposito, faccio ancora osservare che ogniqualvolta qualcuno ha vinto le elezioni, si è determinata l'impressione che non ci sarebbe più stata l'alternanza, salvo, poi, constatare che il vincitore ha sempre perso le ele- zioni successive. Anche questo è un tratto anoma- lo del sistema italiano, che dimostra l'estrema dif- ficoltà con cui si governa il paese. Il sistema bipo- lare, infatti, ha prodotto il ricambio delle classi di- rigenti, ma non ha favorito la nascita di governi ef- ficaci, e un sistema di alternanza fra governi scar- samente efficaci si risolve con la sconfitta elettora- le di chi governa: è stato così per tutti, anche per il centrodestra. La costruzione di un nuovo centrosinistra passa anche attraverso una riorganizzazione del sistema politico-democratico che depotenzi gli elementi antipolitici e plebiscitari, insufflati pure da sini- stra, nonostante il fatto che l'antipolitica, da qual- siasi parte provenga, vada sempre nella stessa dire- zione, cioè a destra. In questo senso, Di Pietro è del tutto speculare a Berlusconi: sono due forme di populismo di cui una è strutturalmente maggio- ritaria, l'altra inesorabilmente minoritaria. Sul ter- reno dell'antipolitica vince la destra, e non è solo l'esperienza italiana a dimo- strarlo: è una legge universale. Occor- re, quindi, ricostruire un sistema poli- tico-democratico. La politica demo- cratica vince sul terreno della media- zione, della costruzione del consenso, della riorganizzazione dei partiti. L'i- dea dello sfondamento plebiscitario, della soluzione personalistica del con- flitto politico è illusoria e perdente, senza contare i danni che ciò arreca al sistema democratico del paese, che do- vrebbe comunque essere la preoccu- pazione principale. Queste considerazioni critiche signi- ficano che il progetto del Pd è sbaglia- to? No, non Io credo. E sbagliata però la pretesa di autosufficienza. Ed è sta- ta sbagliata una linea di politica istitu- zionale che ha favorito l'idea del bi- partitismo e della competizione perso- nale, quando bisognava cercare di in- dirizzare la precedente legislatura ver- so un'intesa politico-istituzionale per fare la riforma elettorale in chiave pro- porzionale corretta: il sistema tedesco. Da questo punto di vista, l'analisi che offre il volume dell'ultimo scorcio del- la legislatura è assolutamente inconte- stabile. Il progetto del Pd resta fonda- mentale. E evidente che la costruzione di un nuovo centrosinistra, anche se non può identificarsi con un solo par- tito autosufficiente, ha bisogno di una forza politica fondamentale, che ne sia il fulcro. Altrimenti ci si riduce a una sommatoria di frammenti che, come tale, non ha alcuna credibilità di go- verno. Per nuovo centrosinistra inten- do una rinnovata coalizione di gover- no che si deve poter costruire guar- dando in direzioni diverse, verso il centro e per un recupero della sinistra a un impe- gno di governo. Quella che è credibilmente di- sponibile e abbandonando l'idea di ammucchiare tutto. L'alleanza incoerente di tanti partiti e parti- tini così come, in una certa misura, si realizzò con l'Unione, contrariamente a quello che si sostiene, non è il frutto della proporzionale, bensì di que- sto sistema maggioritario, che, introducendo un premio di maggioranza così consistente spinge a realizzare le alleanze più vaste possibili con l'o- biettivo di vincere, anche se poi risulta difficile governare. Il paradosso è che questo sistema mag- gioritario enfatizza il peso determinante delle for- ze politiche minori, contrariamente a quello che sostengono i teorici dell'iperbipolarismo. Vorrei osservare che Berlusconi, che avrebbe più motivi di noi, almeno sul piano dei numeri, per sostene- re la vocazione maggioritaria del Pdl, ha invece appreso l'arte politica della costruzione delle al- leanze in modo straordinario. Innanzitutto non ha mai teorizzato di essere autosufficiente, ma ha sempre fatto dell'alleanza con la Lega l'asse di go- verno, rispettandola scrupolosamente. Di fronte al diktat della Lega sul referendum ha pronta- mente fatto marcia indietro, anche a costo di scontare un minimo di popolarità. Perché l'al- leanza viene prima della popolarità e si tratta di una forza politica che, più credibilmente di noi, potrebbe parlare di vocazione maggioritaria. Ber- lusconi, dunque, è sempre rimasto fedele a un si- stema di alleanze. Nella vicenda della Sardegna, pochi hanno rile- vato come la vittoria politica di Berlusconi sia sta- ta ottenuta nonostante il fatto che i partiti di op- posizione al governo abbiano raccolto il 54 per cento dei voti: non si può certo dire, in quel caso, che la maggioranza di governo abbia sfondato. Berlusconi si è preoccupato però di allearsi con l'Udc e ha persino cercato il Partito sardo d'azio- ne. Vi è stata, insomma, la paziente costruzione di un sistema di alleanze tra il capo del governo e i partiti di opposizione, i quali hanno portato un contributo non indifferente, del 13-14 per cento, e gli hanno consentito la vittoria. Il Pd, invece, è rimasto prigioniero dell'idea dell'autosufficienza e della forza della leadership come elemento di sfondamento. Per costruire una prospettiva per il centrosinistra è forse prioritario recuperare il va- lore della politica: se lasciamo al nostro avversa- rio, che è maestro dell'antipolitica, anche il pri- mato nella manovra politica, allora credo che davvero non ci sia più partita. Recuperare capacità di far politica rispetto al nuovismo, a una visione minoritariamente plebi- scitaria, vuol dire fare i conti, innanzitutto, con una certa opinione che grava sulla sinistra. Una re- lativa perdita di autonomia culturale della sinistra nel doloroso processo di cambiamento c'è stata, e il fatto che sia stata riempita da un nuovismo mas- smediologico ci ha spinto all'inseguimento di miti fuggevoli. Io sono per il rinnovamento: sono cre- sciuto in un partito dove si formava una classe di- rigente che veniva messa alla prova e poi subentra- va. Ma certo non si demoliva un'intera classe diri- gente senza averne un'altra, perché questo è auto- distruttivo. Osservo, inoltre, che il paese è guidato da un signore ultrasettantenne che oggi raccoglie il consenso di una larga maggioranza di italiani e il fatto che ci presentiamo in modo più fresco, più giovane non ha ribaltato la situazione. Non risulta che abbiamo conquistato un solo voto sulla base di questo argomento, che, seppur valido, elettoral- mente non fa breccia. L'obiettivo nobilissimo di rinnovare il ceto politico va comunque perseguito, ma è cosa diversa dall'obiettivo di vincere. Il pae- se chiede autorevolezza, affidabilità, forza, credi- bilità, soprattutto in un momento di crisi e di in- certezza. Non chiede la leggerezza. Se è la legge- rezza che noi offriamo, offriamo una qualità mino- ritaria. Credo che, in gran parte, l'autorevolezza e sicurezza del presidente del Consiglio siano una rappresentazione finta, tuttavia in qualche modo questa finzione ha funzionato e funziona. È evi- dente, dunque, che occorre fare un grande sforzo, rispettando tutte le opinioni, per recuperare un'autonomia culturale del centrosinistra, una ca- pacità di analizzare i processi reali, profondi della società e di non essere prigionieri di mode, di on- date di opinione, che molto spesso hanno scarso fondamento. Bisogna tenere conto della comples- sità del paese. Spesso ci muoviamo in un universo molto limitato, che è quello dei lettori dell'infor- mazione politica dei giornali, il che è giusto e va considerato, ma bisogna sempre pensare che si tratta di un'opinione pubblica che rappresenta una minoranza nel paese. Il resto è totalmente estraneo a questi circuiti informativi e si muove sulla base di altri problemi ed esigenze. È necessario riorganizzare, anche in forme innovative, un vero partito. Ma l'idea che lo strumento partito sia un ostacolo al pieno dispiegarsi delle virtù del rapporto diretto tra leader e popolo è sbagliata, culturalmente su- balterna e dannosa nelle sue conse- guenze. E chiaro, infatti, che una vol- ta dismesso lo strumento organizzato del rapporto con la società, noi siamo molto più deboli. E, anche qui, ciò si- gnifica affidarsi a un terreno che è al- trui. Nel passaggio tra i partiti prece- denti e il Partito democratico vi è sta- to un momento di sbandamento orga- nizzativo, caratterizzato anche dal so- praggiungere di teorie, prive di qual- siasi fondamento, tuttavia diffuse e sostenute, secondo le quali il partito moderno non ha bisogno di avere iscritti. A caldeggiare dall'esterno queste posizioni fu in particolare "Il Foglio" di Giuliano Ferrara, che ge- neralmente tendo a considerare uno che non ci vuole bene dal punto di vi- sta politico. Se sostiene delle teorie, per quanto mi riguarda è già una buo- na ragione per guardarle con un certo sospetto. Tuttavia, queste posizioni hanno avuto una influenza nella fase di nascita del Pd e, secondo me, han- no prodotto conseguenze negative. Queste, in definitiva, sono le premes- se per uscire da una crisi che è stata persino più grave della sconfitta eletto- rale: ricostruire un partito, tornare a elaborare un pensiero sulla società ita- liana che non sia mutuato dal dibattito quotidiano, ricominciare a formare classe dirigente, rimettere in campo una visione dell'evoluzione del sistema democratico che non sia subalterna al plebiscitarismo di Berlusconi, cercare alleanze. Recuperare la necessità di una grande forza politica organizzata, radicata nella società, che abbia una visione dello sviluppo del paese fon- dato sulla democrazia parlamentare, sul rilancio del ruolo dei partiti. E da qui cominciare a sfidare Berlusconi, togliendoci l'illusione che arriverà un messia giovane e bello e che tutti gli italiani, se- dotti, abbandoneranno il vecchio capo per affidar- si al nuovo. Questa è un'illusione anche scarsa- mente democratica, ma comunque è e resta una il- lusione. Il testo è tratto dalla presentazione del libro, avve- nuta presso il Centro Congressi della facoltà di Scienze della comunicazione dell'Università di Ro- ma La Sapienza il 16 aprile 2009. U infodmassimodalema.it M. D'Alema è presidente della Fondazione Italianieuropei o • IO so • o « • K> O» s se co