N. 10 .«■•""'A .(il'" È finita un'epoca, ma una nuova sinistra è utile al paese e allo stesso PD Navigatori lenti e incerti di Fabio Mussi ■lue libri dopo l'evento. L'evento è del 14 apri- L V le 2008. La Sinistra arcobaleno - la lista che raccoglie i gruppi politici alla sinistra del Partito democratico - alle elezioni prende meno del 4 per cento, non passa lo sbarramento e resta fuori del parlamento, il primo della Repubblica nel quale non è rappresentata nessuna forza che di sé voglia e possa dire "io sono di sinistra". I due libri sono un colloquio di Fausto Bertinotti con Ritanna Ar- meni e Rina Gagliardi (Devi augurarti che la strada sia lunga) e un testo di Franco Giordano (Nessun dio ci salverà. Riflessioni sulla sinistra italiana tra sconfitta e speranza). C'è un filo d'Ulisse che lega i due libri. Berti- notti apre con una poesia di Kostantinos Kavafis, Itaca. Ecco la prima strofa: "Quando ti metterai in viaggio per Itaca / devi augurarti che la strada sia lunga / fertile in avventure e in esperienze". Giordano, simmetricamente, conclude con un ri- cordo della sua terra, la Puglia, dove "vive il mi- to di Ulisse", e una frase di Vittorio Foa: "Basta compagni passeggiare su e giù per la spiaggia. Bi- sogna buttarsi in mare". Metafora che lo rimanda a un'altra, di Martin Heidegger: "Solo un dio ci salverà", e alla sua più cruda perifrasi: "Nessun dio ci salverà". Il punto è che Ulisse, da alcuni dei contrastato e da altri favorito, e certamente dopo lunga strada, assai "fertile in avventure ed esperienze", a Itaca approdò. E la sinistra italiana? Ultime due righe del libro di Bertinotti: "Abbiamo avuto due sini- stre. Non ne abbiamo più nessuna. Dobbiamo provare a ricostruirne una". Ma il tempo, bisogna forse aggiungere, non è amico: per navigatori trop- po lenti, e incerti sulla rotta, Itaca - una nuova si- nistra italiana forte e influente - può alla fine di- ventare semplicemente "l'isola che non c'è". Giordano, che viene dal Pei, è segretario del Partito della rifondazione comunista (Prc) al mo- mento del disastro delle elezioni politiche. Si di- mette. Conduce una battaglia, con il gruppo di Ni- chi Vendola, al congresso del suo partito, e lo per- de di un soffio. Bertinotti, la cui formazione (alla quale nel libro sono dedicate belle pagine autobio- grafiche) viene dalla sinistra socialista e dal radica- lismo azionista, dirigente torinese e piemontese, poi nazionale, della Cgil, del Prc è stato indiscusso protagonista per quasi quindici anni, segretario dal '94 al 2006, poi presidente della Camera nei due anni che hanno visto rapidamente consumarsi il secondo governo Prodi, quindi la legislatura, infi- ne trionfare la destra di Berlusconi e della Lega nord. Com'è noto, il Prc nasce dalla rottura avvenu- ta nel Pei al momento della svolta dell'89 di Oc- chetto, caduto il muro di Berlino, e della nascita del Partito democratico della sinistra (Pds). A di- stanza di tanti anni, Bertinotti continua a non concedere niente alla "svolta": "Il nocciolo duro di quella svolta era il suo esito moderato, la con- vinzione che la società capitalista diventava l'u- nico orizzonte possibile". Un giudizio che non rende giustizia alla battaglia politica, vera e aspra, che si è prolungata negli anni, nel Pds, nei Ds, fino al momento dello scioglimento dei Ds e della nascita del Partito democratico. C'era un'altra opzione in campo, esattamente "l'uscita a sinistra dalla crisi del Pei" di cui parla Berti- notti, che perse, ma che certo non poteva trova- re casa in Rifondazione comunista. Le ragioni? Ne fornisce in abbondanza Bertinotti, persino sorprendenti se offerte, come sono, dal leader di quel partito. Esempi. E il 1994 e Bertinotti si insedia, da segretario, nella sede di Rifondazione: "Nella segreteria di Rifondazione tutti si prendevano molto sul serio. Anche quando si toglievano la giacca avevo l'im- pressione che sotto ce ne fosse un'altra (...) Vige- va una gerarchia fondata sul valore e sul ruolo for- male. C'era una ritualità nella scelta delle stanze, delle scrivanie, degli uffici che segnalavano prima- ti e differenze che gli anziani si riconoscevano re- ciprocamente". Verrebbe da dire: "È il comuni- smo, bellezza!", in particolare quel comunismo di stampo sovietico i cui tratti - solennità, dogmati- smo, fideismo, spirito autoritario e moderatismo programmatico - ben conosce chi ha militato nel Pei e ne ha conosciuto l'anima stalinistica. Il nuo- vo segretario del Prc trova nei circoli del suo par- tito i ritratti di Giuseppe Stalin, e quando, il 21 gennaio 2001, a Livorno, al Teatro Goldoni, cele- bra 1' ottantesimo anniversario della nascita del Pei, e parla del movimento operaio e comunista del Novecento, e ricorda gli "errori e gli orrori" di quella storia, sente che la parola "orrori" "è già una rottura", rispetto alla platea che ha davanti. Nel 2001. A quarantacinque anni dal rapporto Kruscev al XX congresso del Pcus e a vent'anni dalla "fine della spinta propulsiva" di Enrico Ber- linguer. .. Bertinotti è il contrario dello stalinismo. Egli ha tentato innovazioni culturali e politiche - basti pensare alla forza con cui ha introdotto il tema del- la nonviolenza, che anche Giordano sottolinea for- temente - lontanissime, se non da ciò che uno si sente soggettivamente di connotare con "comuni- smo", dalla storia concreta del movimento comu- nista internazionale, di cui, finché è durato, il Pei ha potuto rappresentare una suggestiva eresia na- zionale. C'è un passo con cui Bertinotti chiude la partita: "La riformabilità reale del Novecento è fi- nita con la primavera di Praga (...) Praga fu la- sciata sola non solo dal Pei che non seppe rompe- re drasticamente con l'Urss, ma anche dai movi- menti del Sessantotto (...) Col nostro cercare a si- nistra, col nostro tentativo di rifondazione, abbia- mo protratto oltre il tempo che lo giustificava sto- ricamente, un'esperienza interna ai partiti comuni- sti e ai partiti della sinistra anticapitalista così co- me li abbiamo ereditati dal Novecento. Abbiamo prolungato una fase storica che invece era finita". Ma proprio qui allora torna prepotente il pro- blema cui Franco Giordano dedica molte pagine del suo Nessun dio ci salverà: "Un soggetto nuovo" della sinistra, capace di immaginare che "un'altra società è possibile". Cioè la questione della sinistra in Italia, dove "ce n'erano due ed ora nessuna". I libri Fausto Bertinotti, Ritanna Armeni, Rina Ga- gliardi, Devi augurarti che la strada sia lunga, pp. 229, € 14, Ponte alle Grazie, Milano 2009. Franco Giordano, Nessun dio ci salverà. Ri- flessioni sulla sinistra italiana tra sconfitta e spe- ranza, pp. XXV-180, € 15, Donzelli, Roma 2009. Questione che vede impegnate da qualche tempo diverse forze, attualmente piccole e frammentate, a partire da Sinistra democratica (i diessini che nel 2007 hanno fatto la scelta di non seguire il loro partito nell'avventura del Pd) e dai gruppi che, fal- lita la Sinistra arcobaleno, hanno dato vita al ten- tativo di Sinistra e Libertà, ancora sotto la soglia di sbarramento, ma forte di un milione di voti alle elezioni europee del 2009. E vero che il silenzio della sinistra è europeo. Un silenzio impressionante. Di fronte alla crisi globale che ha scosso dalle fondamenta il capitalismo pre- datorio costituitosi sotto il segno della destra negli ultimi trent'anni, retto dal binomio diseguaglian- za-guerra, la speranza principale viene dal nuovo presidente degli Stati Uniti Barack Obama. Ma il rischio di un ricostituirsi dello status quo ante è im- manente. Alla fine della giostra, la crisi può pagar- la esattamente il lavoro, la cui oppressione, insie- me alla spoliazione dell'ambiente, ne è la principa- le causa. In Europa, con pochissime eccezioni (e con qualche nuovo interessante segnale, come la crescita della Linke in Germania), è la destra che detta l'agenda, diffonde idee, forma l'opinione pubblica. E la destra italiana è una macchina sen- za eguali di produzione della paura, del pregiudi- zio, del privilegio, con l'aggravante di una video- cracy che sarebbe considerata intollerabile in qua- lunque regime di matrice liberale anche blanda. Come è potuto accadere? C'era una sinistra e un centrosinistra, un'allean- za e una coalizione, un governo, e ora non ci sono più. Bertinotti è severissimo con il governo Prodi, e con Prodi medesimo. Tuttavia è la sinistra dello schieramento, intorno alla quale è stata sistemati- camente costruita l'immagine di facitori d'instabi- lità, che paga il conto alle elezioni del 2008. Dovrà passare qualche mese perché Prodi, in tv, dica: "Governo e maggioranza sono finiti quando Vel- troni, candidandosi a segretario del Partito demo- cratico con il discorso del Lingotto, ha annuncia- to: di qui in avanti, da soli". La nascita del Pd mette tutti fuori posto e caccia tutti in un vicolo cieco. L'opposizione parlamenta- re è un fantasma, divisa tra un partito personale, l'Italia dei Valori, che vive della debolezza struttu- rale del Pd, un centro cattolico, l'Udc, in attesa della sua migliore occasione, e un Pd diviso in mil- le anime, alcune delle quali tossicodipendenti dal Popolo della libertà e dalla Lega. Il Pd perde in un anno il 7 per cento e quattro milioni di voti. Allo stato dei fatti si trova privo di prospettiva, impe- gnato in un congresso alla ricerca di un'identità e di una politica, una volta risaltata chiaramente la follia dell'idea del bipartitismo, dell'autosufficien- za e dell'andar da soli. Nessuno dice la verità. E cioè che è fallito il pro- getto del Partito democratico: una nuova fusione tra cultura socialista e cattolicesimo democratico. Già nell'ultima fase dei Ds la cultura "di matrice socialista" era crollata sotto il peso dell'egemonia liberista, e nell'ultima fase della Margherita la cul- tura "cattolico-democratica" era stata sbaragliata dalla deriva integralista e neotridentina della chie- sa, acceleratasi sotto il pontificato di Ratzinger. L'unione forzata di Ds e Margherita, a queste con- dizioni, ha prodotto un partito di un certo peso elettorale, ma informe sotto il profilo politico, in- tellettuale e morale. Così com'è, senza futuro. La cosa sorprendente è che nessuno si fa avanti per dire: adsum qui feci, "eccomi, sono io che l'ho fat- to". Il senso di colpa per l'Italia com'è ridotta og- gi sarebbe un primo sentimento liberatorio. E vero, "nessun dio ci aiuterà", e la strada sarà certamente lunga. Ma la costruzione di un nuovo vero soggetto alla sinistra del Pd costituirebbe un contributo straordinario ad aiutare tutti, anche il Pd, a trovarla, una strada. Sperando che non sia troppo lunga. mussi.fabiodgmail.com F. Mussi è stato Ministro dell'Università ed è un dirigente di Sinistra e Libertà e o • K> • K> « e GQ