L'INDICE , ■idei libri del meseb ^ Giacomo Migone —------del Pei secondo Telese Giuseppe Civati Manconi e l'anima del PD Nicola Cacace I danni politici dei sondaggi Franco Rositi Uno stile democratico Fabio Mussi I difficili approdi della sinistra Massimo D'Alema Le regole e la forza dei numeri Nando dalla Chiesa Il nuovo corso della confindustria siciliana Vittorio Greco La dignità ritrovata dei commercianti di Palermo Quelli che non piacevano né di qua né di là di Gian Giacomo Migone Non so abbastanza di Luca Telese. Il retro di copertina si limita a infor- mare che "è diventato un giovane comu- nista nel 1984", ma non precisa se e quando ha smesso di esserlo. Di profes- sione è giornalista e dal 1999, e fino a po- chi mesi fa, ha lavorato al "Giornale" di Berlusconi. Non so che cosa vi abbia scritto, né lo voglio sapere (ora è passato a "Il Fatto Quotidiano" di Antonio Pa- dellato cui auguro lunga vita). So soltan- to che l'autore di Cuori Neri ha scritto ora un libro libero e straordinario (Qual- cuno era comunista. Dalla caduta del Mu- ro alla fine del PCI: come i comunisti ita- liani sono diventati ex e post, pp. 745, € 22, Sperling & Kupfer, Milano 2009), al punto da provocare una sorta di murq del silenzio mediatico, salvo qualche compitino di circostanza o di colleganza. Spesso un indizio che segnala qualità di cultura politica. Effettivamente di muri si tratta, perché Telese ha approfittato del ven- tesimo anniversario della ca- duta del Muro di Berlino per riproporre, in tutta la sua maestà - lo dico senza ironia, e spiegherò perché - lo scon- quasso che ha provocato nel Partito comunista italiano. Lo ha fatto con un metodo solo apparentemente ostico, in realtà il più congruo per ren- dere una grande esperienza collettiva. Il filo narrativo esi- ste, non è nemmeno difficile seguirlo, ma la cronologia è totalmente al suo servizio, nel senso che si alternano vortico- samente presente, passato re- moto, passato prossimo, futu- ro. Da Togliatti ancora all'Ho- tel Lux di Mosca al congresso attuale del Pd, anche se il pun- to focale è la ricostruzione della svolta, la "cosa" di Oc- chetto. La documentazione su cui è fondato costituisce la prima caratteristica che fa meritare a questo libro l'epiteto di straordinario; ricca al punto di risultare ridondante, soprat- tutto quando l'autore prende troppo sul serio i suoi colle- ghi-giornalisti politici. In una recensione peraltro elogiativa dei tre volumi dedicati alle origini della prima guerra mondiale dal direttore e proprietario del "Corriere della Sera", Luigi Albertini, A. J. P. Tay- lor, grande storico delle relazioni inter- nazionali, osservava che il giornalista, come uno scoiattolo, conserva tutto ciò che ha racimolato, mentre lo storico de- ve buttarne via i nove decimi, dopo aver- li assimilati. Telese costituisce un caso a parte perché, pur convinto che non esi- stano le condizioni per una sintesi (paro- la magica anche per gli storici, oltre che nella liturgia del Pei, come egli stesso spiega) diversamente dai giornalisti- scoiattoli, seleziona in maniera perspica- ce il materiale utile alle tante sintesi che, per ora, i singoli lettori formeranno nel- le loro teste. In questo senso Qualcuno era comunista non è la storia della svolta del Pei e della sua dissoluzione, bensì un insieme per il quale lettori attuali e futu- ri storici devono essere grati all'autore per il lavoro di scavo che ha effettuato e per il gusto che proveranno nel valutare la qualità dei reperti dissotterrati. Per lo più egli segue il precetto che Gaetano Salvemini impartiva ai suoi laureandi e dottorandi di Messina, Fi- renze e Harvard, ricordando loro che non vi è nulla di più inedito dell'edito. Infatti l'autore incrocia memorialistica vecchia e nuova, sfuggita ai più, intervi- ste e articoli di giornale, riletture certo- sine di relazioni a congressi e comitati centrali, per estrarvi con successo, nel bel mezzo di tonnellate di ciarpame, l'e- pisodio realmente significativo ai fini in- terpretativi. Laddove gli si rivela un bu- co, trattandosi di storia recente con te- stimoni vivi e vegeti, Telese li va a cer- care, per intervistarli con professiona- lità di giornalista e discernimento di sto- rico. Solitamente predilige il protagoni- sta minore, il testimone specifico, l'insi- der ingiustamente trascurato dai media e umanamente desideroso di raccontare la sua parte con cognizione di causa. Informazioni e giudizi di personaggi quali Iginio Ariemma, Antonello Falomi e Massimo De Angelis - i migliori colla- boratori di Achille Occhetto - sono del- le perle senza le quali si rischia di non cogliere le difficoltà, ma anche le tensio- ni ideali che circondarono quella svolta. Sempre in uno spirito di generosa quan- to rispettosa apertura, l'autore va alla ri- cerca di altri preziosi testimoni, dai Lothar di Massimo D'Alema - con Claudio Velardi che si vanta di avere or- chestrato e manipolato, insieme con il migliorista Minopoli e in barba a Clau- dio Petruccioli, lo scacco della mancata elezione a segretario di Occhetto a con- clusione del congresso di Rimini - a preziosi simpatizzanti o antipatizzanti culturalmente significativi, quali Nanni Moretti, Sergio Staino, Michele Serra e Luciano Canfora, oppure militanti co- munisti quali Mario Benedetti, benzi- naio di Enrico Berlinguer della sezione Ponte Milvio, e Gianni Marchetto, dele- gato operaio di Mirafiori, che assurge addirittura all'onore del retro di coper- tina: "I comunisti, quando perdono l'i- dea della Rivoluzione, perdono il senso dell' avventura, diventano gente noiosa e anche pericolosa". Per non dimenticare il militante semianonimo di Bari che spontaneamente esprime il paradosso che spiega il formarsi di una maggioran- za intorno a Occhetto nel congresso di Bologna e in quello dissolutivo di Rimi- ni: "Se il partito ha deciso che deve scio- gliersi, vuol dire che il partito ha ragio- ne". Parafrasando il detto francese, "la vérité sort de la bouche des militants!". E i grandi capi protagonisti? Telese non li ignora, ma li affronta con un'avver- tenza che costituisce una sorta di vade- mecum per chi, in clima di sovraesposi- zione mediatica, deve scandagliare la memoria di protagonisti: "...gli stessi racconti, detti e ripetuti fino alla nau- sea, si erano come calcificati nelle teste dei D'Alema, degli Occhet- to, dei Mussi, fino a sostituir- si, con una ricostruzione al- terata, alla realtà dei fatti. Fi- no a contraddirsi l'un l'altro. Spesso non consapevolmen- te, e talvolta per l'influenza dei fatti successivi". E la generosità intellettuale (e umana, ne sono certo) del- l'autore che, usando con par- simonia la propria voce, è fa- vorito nell'ascolto di quella al- trui. La sua è una rappresen- tazione di una realtà plurale più che corale - la coralità esi- ste, ma canti e controcanti, al- ternati a singole romanze e qualche stecca, finiscono per -, nutrita di epi- E come se, a egli fos- se riuscito a emulare in forma storico-letteraria l'impresa ci- nematografica di Nanni Mo- retti, offrendo ai partecipanti, con generosità ripeto, l'onore cui hanno diritto. Mi spiego con qualche esempio che cor- risponde a richiami di un pas- sato non tanto remoto, indi- spensabile per comprendere il seguito. Telese riferisce un dialogo tra Togliatti e Davide Lajolo in cui Lajolo chiede al Migliore se sia vero che egli ha partecipato alla condanna ideologica dei dirigenti polacchi perciò fucilati da Stalin: "Togliatti lo guarda fisso negli oc- chi: 'Si', gli risponde lento. (...) (Lajolo): 'Come hai potuto farlo se conoscevi ed eri certo della lealtà politica dei compa- gni?'. Togliatti: 'Sarebbe necessario un lungo discorso, per rifare la storia di que- gli anni. Ma se avessi tenuto un altro con- tegno, avrei subito la stessa sorte'. (Lajo- lo), quasi polemico: 'Gramsci al tuo po- sto cosa avrebbe fatto?'. (...) Il segretario del PCI si prende una pausa, e poi dice solo: 'Sarebbe morto'". Episodio edito, certamente, anche se ormai dimenticato. Manipolato dal "Voltagabbana" confesso (cioè Lajo- lo)? Possibile; nei dettagli addirittura probabile. Abbiamo a che fare con scrittori che citano altri scrittori, sicu- ramente sensibili al fascino del veritie- ro, secondo Montanelli più vero della