N. 5 Sullo scioglimento inarrestabile dei ghiacciai I tempi dell'oro bianco di Enrico Camanni 'tXTei tempi dei tempi - racconta la leggenda - i 1 N monti non erano irti di punte e solcati da cre- pacci, ma formavano una giogaia uniforme, che abbracciava a semicerchio il fondo della valle, la conca prativa che ora si chiama Breuil. Un'epoca beata, quel- la, per le valli d'Aosta! Le valli godevano di un clima mitìssimo, così che si potevano tenere gli armenti agli alti pascoli, a circa duemila metri d'altezza, fin quasi a Natale. Immense praterie fiorite si stendevano sulle pendici dei monti, i pastori vivevano nella più felice abbondanza. Il latte era in sì gran copia da formare ruscelletti, nei quali gli agnelli si dissetavano. I ragazzi giocavano ai birilli con pallottole di burro, ai dischi con forme di formaggio. Tutti andavano d'amore e d'accordo; il male e l'invidia erano sconosciuti" (Mary Tibaldi Chiesa, Leggende del Cervino, Hoepli, 1932). Ma un brutto giorno l'armonia tra i valligiani e il loro dio è brutalmente annientata dalla stoltezza dei monta- nari. L'ebreo errante, maledetto dal Cristo sulla croce, diventa il mediatore del tradimento: "Ora avvenne che l'Ebreo Errante capitò alla città sul colle eccelso (il Teo- dulo): i buoni montanari lo accolsero senza diffidenza e gli diedero ospitalità, non sapendo che, con l'opporsi così alla volontà di Dio, si esponevano alla sua terribile vendetta. Infatti, dopo mille anni, l'Ebreo Errante ritornò per la seconda volta sul colle. Avvicinandosi a quei luoghi, un tempo ameni e deliziosi, egli sentì il cuore battere forte nel petto. Una fitta nebbia si levò dinanzi a lui, togliendogli la vista del paesaggio, un bri- vido di freddo lo raggelò. A un tratto un vento furibon- do spazzò l'orizzonte e l'Ebreo contemplò inorridito uno spettacolo di desolazione. Le pendici verdeggianti e i boschi folti erano scomparsi, scomparsa la bella città sul colle. Ovunque deserto e silenzio, rocce dirupate, gelide nevi, ghiacciai minacciosi". Il patto di alleanza tra In questo caso la risposta appare sostanzialmen- te negativa. Nel complesso, i dati dell'Osservatorio Scienza e Società suggeriscono che la risonanza dei numerosi dati e rapporti scientifici presentati potrebbe aver avuto un effetto limitato sulla presa di coscienza dei cittadini. La percezione dei cam- biamenti climatici da parte degli italiani appare infatti fondarsi assai poco sulle prove portate a sostegno dagli esperti e dai documenti scientifici (17 per cento) e ancor meno sulle campagne infor- mative delle associazioni ambientaliste (13 per cento): per quasi due intervistati su tre il muta- mento climatico è constatabile osservando l'altera- zione delle stagioni e, in particolare, il fatto che le estati sono sempre più calde e gli inverni meno freddi. Per approfondire Valeria Arzenton e Massimiano Bucchi, Gli Ita- liani e la scienza. Primo rapporto su scienza, tec- nologia e opinione pubblica in Italia, in "Annua- rio Scienza e Società", Observa, 2008. L'Osservatorio Scienza e Società e D'Annuario Scienza e Società" sono iniziative di Observa Science in Society, realizzate con il sostegno della Compagnia di San Paolo (www.observa.it). Questo dato si presta a diverse considerazioni. In primo luogo, nonostante il dibattito molto articolato sul piano scientifico, il clima è evidente- mente ancora considerato una questione su cui la percezione diretta e individuale è una guida nel complesso affidabile. Ciò è particolarmente vero nel caso di cittadini che non dispongono di un'ampia varietà di strumenti conoscitivi e inter- pretativi di carattere scientifico. Non si può tra- scurare come la conoscenza fattuale derivante dal- l'esperienza personale rivesta importanza soprat- Una mostra Negli ultimi vent'anni, da quando si è iniziato a parla- re delle variazioni climatiche, le posizioni rispetto a questo tema sono state fortemente estremizzate: sono stati mostrati scenari catastrofici e usati toni spesso esagerati, cercando di convincere le persone più con la "paura" che con la ragione. La mostra I tempi stanno cambiando. Come varia il clima: conoscenze attuali e scenari futuri, al Museo regio- nale di Scienze naturali di Torino dal 18 marzo al 31 ottobre 2008, curata da Claudio Cassardo e Luca Mer- calli (catalogo a cura del Museo, pp. X-l 17, € 15, Tori- no 2008) si muove, invece, in modo diverso: il visitato- re viene "avvolto" da affascinanti immagini di paesaggi e da queste è invitato a scoprire i dati a cui fanno da cornice. Attraverso un percorso interattivo e multime- diale si scoprono cause ed effetti del surriscaldamento globale, oltre, naturalmente, alle possibili soluzioni. Ogni scenario è affiancato da tabelle riassuntive, grafici e spiegazioni in grado di facilitare la lettura della mostra. La visita risulta appunto avvolgente, lo spetta- tore è portato a guardarsi intomo per scoprire tutti gli aspetti dell'esposizione. Grande spazio è dedicato alla televisione, nella prima sala sono state raccolte intervi- ste e interventi di numerosi personaggi, politici e dello spettacolo, italiani e stranieri, in postazioni ognuna con due video, in modo da mostrare due posizioni diverse. Una sezione è stata dedicata alla città di Torino, dove i dati climatici sono stati registrati dalla metà del Sette- cento, cosa che permette di verificare gli effetti e le variazioni del clima negli ultimi due secoli. Alla mostra è stata affiancata una serie di incontri e conferenze, con climatologi e fisici, aperta al pubblico. La visita consen- te di conoscere con più attenzione gli effetti del nostro sviluppo sull'ambiente, senza però sfruttare il catastro- fismo, ma solo i dati scientifici, permettendo così di avvicinarsi di più a una conoscenza consapevole. F.F. Dio e i montanari è rotto definitivamente. Alla fine del medioevo i ghiacci avvolgono i peccatori come le fiam- me degli inferi, e li sotterrano con la loro insipienza. Con la piccola età glaciale di metà millennio, che durerà fino al 1850, prende forma l'idea più negativa delle alte quote e dei ghiacciai alpini, simboli del disordine e della collera divina. Lutero bolla le montagne come un pro- dotto del peccato, il lascito apocalittico del diluvio uni- versale. L'eden è diventato l'inferno. Nel 1673 0 viag- giatore inglese John Evelyn scrive: "La natura ha spaz- zato tutte le immondizie della Terra nelle Alpi, allo scopo di spianare e di ripulire la pianura della Lombar- dia". Gli fa eco il teologo Gilbert Burnet: "La Terra, se tutto per le persone con un livello di istruzione e di alfabetizzazione scientifica medio-basso (il 70 per cento dei meno istruiti rispetto al 48 per cento dei laureati). Gli intervistati con un titolo di stu- dio elevato e con conoscenze più solide sulla scienza tendono a fondare maggiormente la loro opinione sulle dimostrazioni scientifiche del feno- meno. Lo si desume anzitutto dalle risposte espli- cite di coloro che accettano la tesi del riscalda- mento globale (il 40 per cento dei laureati sostie- ne appunto che ci sono studi scientifici che dimo- strano il riscaldamento globale, contro il 13 per cento dei meno istruiti). Allo stesso modo, è indi- cativo anche il fatto che l'incertezza e lo scettici- smo tendono ad aumentare tra le persone con un elevato titolo di studio: per queste ultime, proba- bilmente, le divergenze di opinione tra gli scien- ziati e le prove scientifiche contrastanti riportate dai media giocano un ruolo preminente rispetto alla conoscenza fattuale. Si noti peraltro che una più precisa conoscenza del protocollo è collegata a una più robusta percezione del ruolo dei dati scientifici circa la natura e la portata dei cambia- menti climatici. Un tale quadro offre anche importanti elemen- ti per valutare, in linea più generale, il ruolo del- l'expertise scientifico nel dibattito pubblico. La questione del riscaldamento globale rappresenta in questo senso un segnale ulteriore della diffi- coltà degli esperti scientifici (e in questo caso anche delle associazioni ambientaliste) di influen- zare l'agenda pubblica sulle questioni che sempre più frequentemente impongono decisioni colletti- ve. L'avvio di un processo di riflessione critica sulla portata dei loro interventi è dunque auspi- cabile al fine di individuare e valorizzare elemen- ti di forza e di autorevolezza e di favorire l'elabo- razione di strategie d'azione e di comunicazione coordinate e più incisive. Anche perché, come dimostrano gli stessi dati dell'Osservatorio, gli scienziati sono gli attori che godono di maggiore credibilità presso i cittadini quando di tratta di affrontare questioni di rilevanza pubblica legate alla scienza. M noi la consideriamo nel suo complesso, non è un insie- me bello e ordinato, ma una massa confusa di parti accumulate alla rinfusa, senza badare alla bellezza e alla simmetria. Le montagne a che cosa servono? Se si potes- sero sopprimere, cosa perderebbe la natura se non un peso inutile?". Nel silenzio delle gelide notti senza luna, chi abita gli alpeggi più prossimi ai ghiacciai può udire i lamenti dei morti che chiedono pietà. Sono le anime dannate dei montanari, un tempo prosperi e felici. È voce comune, ancora nel Settecento, che in qual- che recesso del Monte Rosa debba trovarsi la valle favolosa, ricca un tempo di campi, fiori e delizie, abbandonata precipitosamente dal popolo walser per l'avanzata dei ghiacciai: la Verlorne Thal, Valle per- duta. Tanto che sette giovani valdostani si organizza- no per andarla a cercare. 11 15 agosto 1778 essi rag- giungono la Roccia della Scoperta, nei pressi del Colle del Lys, la grande porta del Monte Rosa. Natural- mente i sette ragazzi di Gressoney non trovano la valle dei loro padri, ma, affacciandosi sul bacino di Zer- matt, sono i primi a superare la soglia dei quattromila metri e a infrangere il tabù dei ghiacciai. Inconsape- volmente aprono la via all'alpinismo e al turismo. A questo punto i regni perduti possono essere fisica- mente riconquistati. Con scale, corde, piccozze e ram- poni. I ghiacciai sono percorsi in lungo e in largo, d'e- state e d'inverno, a piedi e con gli sci, e al mistero si sostituiscono la villeggiatura, lo sport, il piacere. Anche l'incognita, anche la paura, sono valorizzate dalla nuova moda delle vacanze alpine che promettono panorami, sorprese ed emozioni. Nell'Ottocento i ghiacciai della Valle d'Aosta, soprattutto le seraccate del Monte Bian- co e i plateau gelati del Monte Rosa, diventano l'irresi- stibile attrattiva di un turismo borghese che ha scoper- to il "bello" dove un tempo i montanari vedevano caos e rovina, ha trovato il piacere nei luoghi delle leggende e delle tragedie contadine, e ha nobilitato la fatica che i valligiani subivano come un castigo divino. Infine, con il Novecento, e con l'industria del turismo di massa, anche la fatica viene cancellata dalle funivie e i ghiacciai diventano sfondo di lievi giochi sulla neve. Si scia anche d'estate sui ghiacciai del Gigante, del Teodulo, di Punta Indren, ma è come se si scivolasse su una superficie sin- tetica, in ambiente asettico e preconfezionato. I crepac- ci non ci sono più, il vento non c'è più, anche il freddo è stato sconfitto. Sembra più un limbo che un paradiso. Ora siamo approdati a un altro tempo ancora, il tempo dello scioglimento dei ghiacci. La situazione dei ghiacciai alpini non è così diversa da quella che, nel medioevo, vide il popolo walser superare gli alti colli del Monte Rosa e insediarsi sopra i duemila metri di quota. Solo che i ghiacci e le nevi che per i montanari di ottocento anni fa erano un castigo divino, ora sono diventati l'oro bianco del turismo invernale, grazie all'invenzione dello sci, e costituiscono uno sfondo insostituibile per il turismo estivo. Si sono invertiti i valori e lo scioglimento dei ghiacciai, anziché sinonimo di paradiso in terra, somiglia piuttosto a un nuovo castigo di Dio, che compromette i guadagni del turi- smo e soprattutto rischia di privare i cittadini, le fab- briche e le campagne dell'elemento più importante: l'acqua. Anche la paura ha cambiato volto. ■ ecamann@tin.it E. Camanni è storico della montagna