| dei libri oel mese | SETTEMBRE 1997 N. 8, PAG. 12 Definizioni di Giulio Mozzi Sotto il nome di "scuole di scrittura (creativa)" o di "corsi di scrittura (creativa)" stanno cose molto diverse. Classifichiamo alla buona: 1. Ci sono delle vere e proprie scuole (sostanzialmente e/o anche formalmente universitarie o postuniversitarie) che puntano alla professionalizzazione della scrittura. Lo scopo di queste scuole è: formare operatori per l'industria culturale, dell'informazione e dello spettacolo. Qui si va dai corsi universitari di giornalismo fino alla scuola Holden. Sono scuole che richiedono un forte investimento (di tempo, denaro e dedizione) e che probabilmente avviano a professioni che possono ripagare ampiamente tale investimento. 2. Ci sono iniziative che potremmo qualificare come: animazione culturale nel territorio. In sostanza somigliano più ai corsi di lingua o di batik o ai centri per anziani che alle scuole propriamente dette (di cui al punto precedente). Non hanno uno scopo professionalizzante, bensì lo scopo di produrre nei frequentanti una "presa di coscienza" di ciò che si può fare con la lingua. 3. Ci sono iniziative che dichiarano lo scopo di formare nuovi scrittori: così come (si dice) nei conservatori si formano i musicisti e nelle accademie si formano gli artisti; e dimenticando che nei conservatori si formano quasi esclusivamente esecutori di musica, e che la gente che esce dalle accademie in realtà va a fare tutti i mestieri possibili, dall'insegnante all'illustratore pubblicitario. Trovo lodevoli le iniziative di cui al punto 1; vitali quelle di cui al punto 2; come minimo confuse quelle di cui al punto 3. A livello di base, l'insegnamento della scrittura è scomparso in Italia quando è scomparso l'insegnamento della retorica. Oggi è cosa rara trovare uno studente di liceo che sia capace di percepire le strategie retoriche presenti nei testi. L'ubriacatura semiologica degli anni settanta ha prodotto un solo risultato importante: che molti insegnanti hanno insegnato in maniera dogmatica cose che avevano appena imparate, e neanche tanto bene. La stagione della rinascita (ai piani alti della cultura) della retorica ha prodotto (ai piani bassi) una stagione di insegnamenti confusi e spesso incomprensibili e incompresi. Ciò anche perché la rinata disciplina retorica è stata percepita soprattutto come una "disciplina dell'interpretazione": cosa per certi aspetti ragionevole in un'epoca nella quale pareva che l'essenziale fosse "smascherare" i significati reconditi celati nel "discorso del potere". Oggi come oggi dobbiamo fare i conti con una distanza ormai stabilita tra coloro che parlano (scrivono) e coloro che ascoltano (leggono). Il ruolo dello scrittore è stato mitizzato (e contemporaneamente, nella realtà, lo scrittore è stato degradato a semplice fornitore dell'editore). Oggi (spesso) chi si dedica allo scrivere non lo fa più come attività privata o familiare, o sociale, o comunque connessa alla sua vita reale: lo fa perché vuole "essere scrittore". Oppure lo fa come attività privata familiare-so-ciale, ma si sente inadeguato (spesso addirittura si vergogna) perché "la scrittura è una cosa da scrittori"... Ovviamente qui c'è una sorta di malattia che va curata. Quando nessuno si vergognerà di scrivere le memorie della propria vita con l'idea di lasciarle in gnamento professionalizzante, né giova loro l'illusione di "essere (o diventare) scrittori"; a loro servono: a) un'alfabetizzazione, b) un'educazione allo scrivere (storie, memorie, poesie...) come a un'attività pari a tante altre. Personalmente ho deciso che mi interessa l'insegnamento della scrittura come animazione culturale nel territorio. Non mi interessa formare professionisti della scrittura (letteraria, cinematografica, radiofonica) e comunque non saprei mai farlo. Mi interessa che chi non ha avuto dalla sorte e dalla storia certe chances che ho Una pretesa celeste di Lidia Ravera Poiché per ciò che riguarda la possibilità di apprendere una qualsivoglia disciplina creativa sempre ti viene chiesta una professione di fede, fornirò subito la mia. La domanda corrente è: ma tu ci credi nelle scuole di scrittura, nei manuali che insegnano a scrivere? La risposta è: non credo nei manuali, eppure credo nelle scuole. Bizzarro? No. Tanto per co- Premio Italo Calvino 1997 Bando della undicesima edizione 1) L'Associazione per il premio Italo Calvino bandisce la undicesima edizione del premio. 2) Si concorre inviando un romanzo oppure una raccolta di racconti che siano opere prime inedite (l'autore non deve aver pubblicato nessun libro di narrativa, neppure in edizione fuori commercio) in lingua italiana e che non siano state premiate o segnalate ad altri concorsi. 3) Le opere devono pervenire alla segreteria del premio presso la sede dell'Associazione (c/o "L'Indice", via Madama Cristina 16, 10125 Torino) entro e non oltre il 15 ottobre 1997 (fa fede la data della spedizione) in plico raccomandato, in duplice copia, dattiloscritto, ben leggibile, con indicazione del nome, cognome, indirizzo, numero di telefono, data e luogo di nascita dell'autore. Per partecipare al premio si richiede di inviare per mezzo di vaglia postale (intestato a "Associazione per il premio Italo Calvino", via Madama Cristina 16, 10125 Torino, e con la dicitura "pagabile presso l'ufficio Torino 18") lire 50.000 che serviranno a coprire le spese di segreteria del premio. I manoscritti non verranno restituiti. Per ulteriori informazioni si può telefonare il venerdì dalle ore 12,30 alle ore 16 al numero 011-6693934. 4) Saranno ammesse al giudizio finale della giuria quelle opere che siano state segnalate come idonee dai promotori del premio oppure dal comitato di lettura scelto dall'Associazione per il premio Italo Calvino. Tutti gli autori che partecipano al premio Italo Calvino potranno essere gratuitamente inseriti nella Bbs letteraria (Biblioteca telematica per inediti) facendone espressa richiesta all'atto dell'iscrizione e inviando l'opera su floppy disk in allegato al manoscritto in duplice copia. La Bbs letteraria è accessibile anche via modem: tel. 011-5623565, e su Internet all'indirizzo: http../7www.alpcom.it/entasis/ OPPIA/ 5) La giuria è composta da 5 membri, scelti dai promotori del premio. La giuria designerà l'opera vincitrice alla quale sarà attribuito un premio di lire 2.000.000 (due milioni). "ILIn-dice" si riserva il diritto di pubblicare - in parte o integralmente - l'opera premiata. IL esito del concorso sarà reso noto entro il mese di giugno 1998 mediante un comunicato stampa e la pubblicazione su "L'Indice" La partecipazione al premio comporta l'accettazione e l'osservanza di tutte le norme del presente regolamento. Il premio si finanzia attraverso la sottoscrizione dei singoli, di enti e di società. Il premio è organizzato dall'Associazione per il premio Italo Calvino in collaborazione con la rivista "L'Indice". eredità ai figli; quando non si sentirà il bisogno di nascondere il quaderno nel quale si annotano i propri sentimenti, le cose del giorno, lo scorrere della vita; quando nuovamente si stamperanno, in occasione di battesimi o nozze, quei famosi fascicoletti di poesie in lode dello sposo o della sposa o del discendente - allora, credo, la malattia sarà passata. L'insegnamento della scrittura come "attività di animazione culturale nel territorio" ha più o meno questo scopo. In aula, io mi trovo regolarmente di fronte a persone che pensano (credono) di poter fare qualcosa di importante per loro stessi, per i familiari, per un amico, per il loro paese ecc., per mezzo della scrittura-, e tuttavia non osano adoperare la scrittura, si tirano indietro, hanno bisogno di qualcuno (io, il "maestro") che dica loro: avete tutto il diritto di scrivere. A loro serve non un inse- avuto io, e che mi hanno portato a fare un uso molto (per me) positivo della scrittura, possa avere una seconda occasione. Così continuerò a fare corsi e corsetti in provincia, a impiantare laboratori, a fare lunghe telefonate con sconosciuti che mi hanno spedito manoscritti e dischetti. Se poi capiterà, così facendo, di incrociare qualche persona veramente dotata, sarà una bella cosa e un sovrappiù. minciare, nonostante la formulazione cui mi sono adeguata, non si tratta di credere o non credere, ma di ritenere inutili, peggio, dannose queste iniziative. Il freddo supporto cartaceo è inutile, spesso dannoso, perché non può fornire altro che regole. E va da sé che non esistono regole nel territorio della libertà, cioè nella letteratura. Con il manuale si può imparare un corretto italiano, impostare la copia-di un prototipo, di un modello, dalla lettera commerciale a quella di cordoglio, dalla tesi di laurea all'inchiesta giornalistica. Per la scrittura letteraria è invece necessario, anche se insufficiente, il rapporto' umano, non parole scritte e stampate, compiti da eseguire in un rapporto parascolastico di passività, ma parole dette, testimonianza d'una battaglia, d'una passione. Parole con cui interloquire. Occorre, per penetrare il territorio della scrittura creativa, un maestro in senso più religioso che didattico, una guida spirituale e pratica. Il compito che possono svolgere le scuole di scrittura sta, se vogliamo situarlo in un luogo canonico della formazione, fra il laboratorio artigiano, il set analitico e il tempio. Nel laboratorio artigiano il maestro vasaio mostra i suoi vasi migliori e i modelli cui si è ispirato, racconta come ha imparato prima a copiare, poi a superare il modello, a inventare, a trovare il proprio gusto, la propria voce. Ogni apprendista è una crisalide, non tutte le crisalidi diventano farfalle, ma la fase della farfalla potenziale appassiona il maestro vasaio, se è un buon maestro, se è un buon vasaio. Il desiderio di scrittura viene da lontano, dalla profondità dell'anima in tutte le sue-possibili versioni, laicamente junghiane, metafisiche alte o basse, dalla teologia al presepe. Il desiderio di scrivere è desiderio di scrivere del desiderio. Scrivere storie è un impulso prima di essere un'ispirazione, l'impulso a sfidare il destino, a rifugiarsi nel molteplice per sfuggire la condizione umana (avrai una vita sola, e anche quella è a termine). L'impulso ad assumere un ruolo attivo, togliere la mannaia al boia, brandirla per gioco, dar vita, toglierla, mimare ciò che tutti subiscono, farsi Dio, restando uomo, restando donna. È un desiderio altissimo, una celeste pretesa, il desiderio di scrivere, e poiché le scuole di scrittura raccolgono chi desidera scrivere vanno considerate con rispetto. Il rispetto che si prova, quasi spontaneamente, per chi ha aspirazioni alte, tira a trascendersi, prende il sogno. Al rispetto va unita una sorta di cautela clinica, un'attenzione particolare: spesso impulso alla scrittura è il malessere (sempre?), una pervicace infelicità, una malinconia sontuosa, onnipresente, non solubile in alcol e sesso, insensibile ai salotti. Poiché scrivere è anche terapia, il buon "maestro" accetta il transfert, lavora al controtransfert, sa riconoscere una proiezione, un non detto, sa leggere la lingua degli incubi. Adorare la letteratura è necessario, la scuola di scrittura è luogo di culto. Bisogna credere che sia l'unica cosa che conta, la parola, il suo suono, saperla usare, accoppiare, saper evocare. Bisogna adorare la parola poetica, essere folgorati dalle similitudini, aver sottolineato frasi fin da piccoli, aver portato a memoria pagine, aver santificato gli scrittori e portato fiori alle loro tombe. In una scuola di scrittura può essere accolto chi non ha talento per scrivere, gli si può insegnare a sedurre con una lettera o a tenere un diario che aiuti a vivere e non soltanto a ricordarsi con chi hai cenato ieri sera. Non può essere accolto chi non ha talento per la lettura, chi non ama leggere, chi non preferisce la lettura a qualsiasi altro passatempo, chi non è drogato da una costante, divorante fame di parole. Fra il "maestro" e gli allievi, allora, la comunione è possibile, e con la comunione sono possibili i risultati.