OTTOBRE 1996 mensione utopica, dà luogo all'esigenza di una redenzione del male, del corpo, della vita in quanto tale, dell'instabile e del transitorio come momenti essenziali della verità. Nel rapporto delle posizioni crociane con altri fondamentali indirizzi teorici del pensiero del nostro secolo si delinea in misura consistente la tendenza alla distinzione e all'accentuazione delle divergenze piuttosto che all'assimilazione, sia che una tale tendenza si giustifichi, come per Scaramuzza, a partire dalla consapevolezza dei limiti del discorso di Croce, sia che presupponga, come avviene nel confronto svolto da Girolamo Co-troneo tra il modello storiografico crociano e la storiografia francese delle "Annales" e della nouvelle histoire, l'idea di una portata teorica della riflessione del filosofo non ancora del tutto esplicitata e compresa. Se l'assenza in questi scritti di una considerazione diretta della logica e della gnoseologia riflette un orientamento diffuso negli studi crociani degli ultimi anni, meno scontata, e probabilmente degna di qualche segnalazione, è la scarsa attenzione accordata ad ambiti quali la linguistica, l'economia politica, la critica letteraria e la ricerca storiografica in senso stretto, settori di ricerca che pure avrebbero potuto trovare legittima collocazione nel contesto. Ma occorre altresì considerare come non rientri tra le ambizioni del volume quella di fornire un'immagine esaustiva degli attuali orientamenti della critica; l'intento è piuttosto quello di "provocare" un certo numero di problemi a partire da alcuni itinerari privilegiati che la vasta speculazione crociana offre alla riflessione di questo scorcio di secolo. Il ritratto crociano che l'insieme degli studi restituisce è, almeno in una certa misura, quello di un pensatore della finitezza, teorico di un'esperienza storica che necessariamente si attua a partire dai limiti temporali dell'esistenza individuale e del suo concentrato operare, difensore della realtà effettuale e dell'esigenza di ricon-durvi le eterne categorie del reale, propugnatore di una filosofia capace di superare la forma della speculazione astratta per farsi "filosofia dei fatti particolari", "storia pensata", "metafisica dell'imma- Introduzione a Taylor di Sergio Cremaschi Ermanno Vitale, H soggetto e la comunità. Fenomenologia e metafìsica dell'identità in Charles Taylor, Giappichelli, Torino 1996, pp. 208, Lit 28.000. Il comunitarismo è la dottrina politica che si presenta come andina SMB rito? Idei libri del mese ^f~iLcrò Creici, tesi del liberalismo, negando una totale neutralità della giustizia nei confronti delle diverse concezioni del "bene" e promuovendo i valori della partecipazione civica più che della "tolleranza". Secondo Vitale, la versione propostane da Taylor, diversamente da quelle di Mac-Intyre e Sandel, è meritevole di una seria considerazione in quanto politicamente non illiberale, non pregiudizialmente antimoderna, e non ingenuamente contraddittoria. Taylor individua un'anima autentica della civiltà moderna, da salvare contro le sue degenerazioni: l'autonomia della persona unita Olii » Wil'-t? alla nozione romantica dell'"indi-vidualità", per cui ogni individuo e ogni popolo hanno una propria identità irripetibile. Dopo una ricostruzione di Radici dell'Io, l'opera maggiore di Taylor, il quinto capitolo discute la sua proposta politica, o meglio una sua tesi particolare: l'esistenza di diritti dei gruppi, non solo degli individui. Vitale obietta, con Habermas, che bisogna distinguere tra le diverse (non tutte ugualmente legittimabili) forme di lotta per il "riconoscimento" (femminismo, multiculturalismo, nazionalismi). Infatti si può temere che la salvaguardia Tutto questo senza disconoscere che nell'opera di Marx sono presenti temi teorici, diversamente impostati e di ben altra validità scientifica, come il concetto di "modo di produzione" (principio e struttura irrecusabile da ogni storiografia moderna) e come, nota soprattutto Preve, una teoria della libertà, d'esplicita ispirazione hegeliana, secondo cui Tatto libero non è il presupposto ma il punto d'arrivo di una formazione non contraddittoria e coerente dell'individuo. Dove, dunque, rifiutando ogni visione metafisica o liberal-giusnaturalistica della libertà, Marx arriva a concepire il valore del soggetto, autonomo e responsabile, non come un presupposto (mitico e ideologico), ma come il prodotto della complessiva maturazione economica e civile di un'intera formazione sociale. E soprattutto La Grassa, nell'analisi dedicata al fallimento del socialismo sovietico e all'attuale mondializzazione del capitalismo, che si occupa di dimostrare come l'esaurirsi storico e teorico del marxismo novecentesco concluda un ciclo di troppo facili e ingenue schematizzazioni, già operanti nell'originaria opera economica marxiana. Marx infatti si è iscritto al livello più elevato della sociologia e della scienza storica quando ha dato una definizione sistemica - e non empirica o antropomorfica - del modo di produzione moderno, concepito come plesso di relazioni giuridico-monetarie interindividuali da un lato e relazioni tecnico-strumentali tra ruoli lavorativi e ambito oggettivo della produzione dall'altro. Plesso di relazioni volto essenzialmente alla sua autoriproduzione, secondo quella che La Grassa chiama l'"invariante" della società moderna: la riproduzione immutata e costante, ragio- nando per grandi aggregati, delle posizioni che i membri del sistema occupano all'inizio di ogni ciclo di vita sociale. Mentre il pensiero di Marx da scientifico si è fatto ideologico quando ha voluto curvare in senso umanistico, antropomorfizzandola, questa struttura -non antropomorfica - di produzione e riproduzione di rapporti sociali e strumentali, riducendola al mito della centralità, in essa, della genesi del lavoratore collettivo: della separazione cioè tra proprietà dei mezzi di produzione e intero ambito dei lavoratori (comprese le funzioni manageriali, direttive, tecnico-organizzative). Il marxismo del Novecento, facendo della centralità sociale e politica della classe operaia la pietra di volta di tutta la sua impostazione, ha raccolto e moltiplicato l'effetto mitico di questo assunto umanistico e comunitario, condannandosi inevitabilmente all'obsolescenza e alla catastrofe. Come del resto continuano a pensare, secondo La Grassa, tutti coloro che nell'attuale organizzazione del lavoro, a muovere dalla rivoluzione tecnologica informatica, vedono una ricomposizione delle mansioni separate nella precedente organizzazione fordista della produzione: supponendo che facilmente si possa creare, attraverso un lavoro mediato dal sapere, una scienza generale, un general intel-lect, alla cui formazione tutti contribuirebbero, pur se da posizioni e con competenze diverse. Laddove la realtà parla un linguaggio diverso: quello, pef gli autori, di una frammentazione del processo lavorativo, di una sua moltiplicazione in senso verticale oltre che orizzontale, della separazione tra ruoli di direzione e ruoli di esecuzione, dell'articolazione della stessa grande impresa in più unità fi-nanziario-produttive separate, tra le quali è sempre incipiente la conflittualità. N. 9, PAG. 25 delle identità collettive entri in conflitto con il diritto a pari libertà soggettive; si può temere che l'introduzione di diritti etnici svuoti del tutto l'edificio liberale dei diritti; con il ritorno a una confusione premodema tra sfera privata e pubblica. Taylor avrebbe però il merito di fondare la sua difesa del multiculturalismo su basi filosofiche rispettabili: non sulla contrapposizione tra eticità della polis e individualismo moderno, ma sul ripristino del significato dell'individualismo moderno "contro il suo slittamento nell'egoismo e nel relativismo spiccioli". Tuttavia Taylor non sarebbe fedele a questa intenzione e ricadrebbe in un organicismo non difendibile. Inoltre, ponendo i problemi dei "dannati della terra" in termini di "riconoscimento" negato, scambierebbe l'effetto con la causa. La causa vera del mancato riconoscimento starebbe invece nello svantaggio reale di gruppi e popoli, da misurare in termini di "eguaglianza di capacità" (nozione formulata da Amartya Sen). Un'introduzione a Taylor non era finora disponibile. Una certa fretta nella stesura ha lasciato però qualche segno: The Malaise ofMo-dernity (tradotto in italiano e citato a pp. 30 sgg., note55 sgg.) non è altro che l'edizione canadese di The Ethics of Authenticity (citato a p. 141, nota 19). Rorty, Skinner e MacPherson sono tradotti in italiano. Inoltre i tre capitoli centrali sono più che altro una recensione di Radici dell'Io con pochi rimandi, un po' estrinseci, ai saggi contenuti nei Philosophical Papers e il capitolo finale (già pubblicato come articolo) è molto scollegato dai precedenti. "Christianity" si traduce con "cristianesimo", non con "cristianità" (p. 87, nota 24), termine usato per designare la società teocratica medievale. Il modernismo e il personalismo di Mounier sono movimenti ben diversi e distanti mezzo secolo (pp. 30-31, nota 56). Infine, andrebbero evitate affermazioni superficiali, come quella che "un laico può interrogarsi sull'opportunità o meno di una legge che consenta l'aborto; un credente, che considera la vita un dono di Dio, non può, in linea di principio, che essere contrario ad una simile legislazione" (p. 130). In realtà la melior pars dei credenti sa concettualizzare la distinzione tra morale e legislazione. VIVERE t RAGIONE USARE Saggi Valentino Petrucci Francois Gény L'irriducibile diritto naturale Pagine 120,1995, Lire 20.000 Vincenzo Omaggio Marsilio da Padova Diritto e politica nel "Defensor pacis " Pagine 192,1996, Lire 30.000 Paola Giordano Profili della sovranità Il dibattito giusfìlosofico negli Anni Venti Pagine 156,1996, Lire 25.000 Istituto Suor Orsola Benincasa via Suor Orsola 10 80135 Napoli Tel. 081 4122908 Fax 421363 Ulderico Pomarici L'individuo oltre lo Stato La filosofia del diritto di Giuseppe Capograssi Pagine 120,1996, Lire 20.000 In preparazione Gennaro Carillo Revisione del Giusnaturalismo Critica della scienza e teologia civile in Giambattista Vico Paolo Becchi Oltre le righe Hegel e il dibattito intorno alle sue lezioni Antologie Grozio, a cura di P. Negro Marsilio da Padova, a cura di V. Omaggio Vico, a cura di G. Carillo Jhering, a cura di U. Pomarici