16 stria o altra attività lucrativa. L’esenzione non si estende alle imposte che colpiscono i beni indicati alle lettere a), b), c) dell’art. 11 ovvero i loro redditi, nè a quelle imposte che sono prelevate alla fonte (ritenuta diretta e ritenuta di rivalsa) ». La legge 31 gennaio 1926, n. 685, che converte in legge il R. D. 28 agosto 1924, n. 1622, che diede esecuzione alla convenzione italo-cecoslovacca per evitare le doppie imposizioni e per regolare altre questioni in materia d’imposte dirette, firmata a Roma il 1° marzo 1924, e ratificata il 19 gennaio 1925, reca il seguente art. 12: « I funzionari dipi, e consolari di ciascuno degli Stati contraenti ed i loro addetti, in quanto siano di carriera e sudditi dello Stato che essi rappresentano, ed in quanto non esercitino nel territorio dello Stato presso il quale sono accreditati alcuna professione, industria od altra attività lucrativa, sono «senti dalle imposte dirette, ad eccezione di quelle che sono riscosse per ritenuta convenzioni internazionali (*), che gli negano proprio quella immunità dalla giurisdizione per gli atti compiuti come privato che appare una diretta e incontestata derivazione dal principio-base ne ìmpedialur legatio, costituisce una riprova indiretta del convincimento degli Stati che le regole tradizionali sulle immunità dipi, non valgono integralmente rispetto agli agenti « cittadini » (2). Peraltro, se vi sono indizi sufficienti per sostenere che la regola di diritto internazionale consuetudinario escludente gli a. d. stranieri dalle imposte dirette personali è sorta limitatamente al caso normale, in cui cioè gli a. d. in questione non sono cittadini dello Stato presso cui sono accreditati, oppure che, se detta regola si era davvero formata con questa ulteriore ampiezza, si è prodotto ormai un processo retrogressivo nel senso che, per attuale convincimento della generalità degli Stati, la Potenza ac-creditataria non sarebbe tenuta ad estendere le esenzioni fiscali agli a. d. suoi cittadini, non si può sottacere che vi sono anche indizi in senso opposto ; soltanto, a mio giudizio, sono soverchiati dai primi. (!) Il Miele (7-8) ricorda il noto § 18 della legge tedesca sull’ordinamento giudiziario: «Die inländische Gerichtsbarkeit erstreckt sich nicht auf die Chefs und Mitglieder der bei dem Deutschen Reich beglaubigten Missionen. Sind diese Personen Staatsangehörige eines der Länder, so sind sie nur insofern von der inländischen Gerichtsbarkeit befreit, als das Land dem sie angehören, sich der Gerichtsbarkeit über sie begeben hat » (ma v. Morelli, 40-50; oscuro lo HatSCHEK, Völkerrecht, Leipzig-Erlangen 1923, 89). Egli inoltre menziona le leggi olandesi e svizzere che, attuando i predetti modi vivendi con la S. d. N. e la C. P. G. b, riconoscevano l’immunità giurisdizionale ai funzionari «regnicoli» della Lega e della Corte solo per gli atti da essi compiuti nell' esercizio del loro ufficio. (2) «È un dato che, pure riguardando l’immunità giurisdizionale, non va trascurato al fine che ci preme, se si considera che l’immunità giurisdizionale e la più importante di tutte le immunità dipi. » (Miele, 8). Anche se insufficienti a provare che la regola dell’immunità giurisdizionale non si applica agl. agenti «cittadini », quelle statuizioni attestano la generica propensione degli Stati a concedere ad essi minori prerogative, propensione che avrà maggior faci ita <. i affermarsi nel caso di immunità secondarie e di debole giuridicità come quel e fiscali.