58 Della Perfetti quefto a I noftri Poeti, maflimàmente ragionando noi di coloro , che ne lor verfi non ammettono lordi penfieri, ed ufano gran modeltia^, e one-ftà nel pubblicare le loro dolci amorofe follie. Ma con ciò confei-fano ehi, che per ben compor verfi, non può l’ingegno, ne dee fermar-fi nella fola confiderazion della Donna , come Donna, convenendogli al-zarft più alto e mendicar bellezza, o abbondanza di Poetici penfieri da più gloriofa forgente, e fopra il fango terreno. Oltre a ciò quello Amo- copulare appetens , amantem fcilicet , & quoti amatur ? Et hoc etiam in extremis catnalihuf-que Amor i bus ita efi * Sed ut aliquld purius & liquidius haurtamus , calcata, Carne afcendtt" mus ad Animum . Quid amat Animus in Amico , nifi Animum ? Et illic igitur tria funt , Amans , & Qitod amatur , & Amor . Refiat etiam bine afeendere , & fuperius ifia quart-re 9 quantum homini datar . narot tò S'uv&tw àvQptoTùi , per parlar con Platone 9 nella definì* zione della Filofofia , eh’ ella fia un’affomigliamento a Dio , per quanto è poffibile all’ uomo . 11 ragionamento 9 che fa Diotima dì Mantinea , Filofofa , e Theologhefla , Maeftr» come di Socrate , pretto Platone nel Sìmpofio , moftra chiaramente , che l'Uomo non dee in una Creatura coll’ amore fermarfi ; ma confiderando , che tutte le Bellezze , che in quello e in quel Corpo fr ritrovano 9 fono tra di loro forelle, fiaccare la filiazione da quell’ una q e la Bellezza in ifpezie contemplare ; e Remando , e rallentando la voga e la vernenza verta 1’ amato a principio individuo [ che vuol dire , reftituirfi quanto prima alla liberta , e al-1’ indifferenza ] alzarli alla Specie ; poi palfare al Genere più incorporeo della Bellezza , che ne’bei collumi , ufi , efercizj , inflittiti , e léggi fi trova , talché picciola cofa ■venga fimpre più a flimarfi quella del Corpo . E dagli efercizj e inflittati falire alle Scienze acciocché nella Bellezza di quelle ravviando ornai molto Bello , non più ferva , come Schiavo , amando una mifera Creatura , 0 profeflione , o efercizio«, vilmente , e grettamente ; ma rivolto al gran mare del Bello , e in elfo contemplando molti e bei difeorfi , e magnifici , e gli generi , e penfieri in abbondante e ricca Filofofia , finché qui corroborato , e cre-feiuto , una tale Scienza rimiri fola e una di quello bello . Veggiafi il redo dell’orazione di Diotima ; perciocché é diviniffimo . Secondo quella dottrina Platone bellamente dlllacca dal-1’ Amor fiero e fido , e cambia gentilmente , lenza eh’ c’ paja fuo fatto ,1’ oggetto , e la materia d’ amare . Vuole , che le uno viene ad amare , fi difinnamori , con fargli lafciare il primo Amore , e attaccarlo a altri , e altri Amori più belli , e più puri , e più iodi . E venendo il primo e bado Amore dalla ammirazione della Bellezza Corporale , feema egli 1’ apprenfione di quella Bellezza , acciocché non fe ne faccia quel tanto cafo , che fe ne fa; la fa apparire abbietta e vile , in comparazione d’ altre Bellezze maggiori ; e così togliendo 1’ ammirazione di quella , ne viene nello fletto tempo a togliere anche 1’ Amore . Orazio moraliffimamente : ivtl admiran prope res ejt una, rxumici , Solaque, qua pofiìt facere & fervare beatum , Niente ammirare cioè , non amar niente appaffionatamente . Quel primo Amore adunque hi un primo rudimento , e un tirocinio per la Scienza univerfale del Bello ; non diventi Efercizio , quello , ne Profeflione ; poiché 1’ Efercizio , e la Profeflione amatoria ha da effere intorno a altre Bellezze , che non fon Carne , nè Sangue ; Bellezze pure e fchiet-te , che coll occhio folo della mente fi fcuoprono e fi vagheggiano . Le prime Regole ( diti’’ ninndo6' v ’ 2 n°" ferv°." .Più • Sono come le centine , o pon- ’RX "d X ,•* y°lta.- Cosl 1 Amore tirocinio alla Filofofia . Ma perciocché que-fte Bellezze d un ordine fupenore non fona evidenti , come le Corporee ; perciò diceva , come di fopra s e accennato, Socrate : Che la Bellezza della Sapienza , e della Virtù fe con occhi corporali rimirar fi potette , amori di fe ecciterebbe mirabili . A quello ientimento adattai io già le Terzine d’un mio Sonetto , che dicon così: Q ° ientimento Ah fe corpo prendeffe almo cele/ìe , Bella Éirtù, c-h’ è si nafeofla a nei : Di lei quanto, 0 Mortali, accefi andrefie! Tutte vedrianfi al fini degli occhi fuoi Rapite l'Alme ; e quelle forme e qiiefle, Cui tanto amaron pria, difprezzar poi.