Poesia L i b. IV; Sono alle guerre tue faufte le Stelle, ** Perchè tua maggior guerra è con V Inferno » Quindi più ferme e beile Le tue grandezze io fcerno . Peftilenze de’ Regni è ogn’empia Setta, Nè arricchifce Paftor con greggia infetta. XII. Qual fu giubilo in Ciel , qualor ti vide Con le zelanti infegne Moftrar l’ire celefti, De’ fuoi ribelli alle paludi indegne i Qualor del Beno in su le rive infide Portarti l’armi, e felli Tornar la Mitra in su gli antichi altari ! Quelli fono i Trofei d’ ogni altra palma In vera eternità più fermi, e chiari. Dillo pur tu , grand’ Alma, Se a ripenfar fon cari ; Dì tu , quanto fia dolce a’ prodi Eroi, Dire all’ Onnipotenza : Io vinco a Voi • XIII. Ma fra sì lieti applaufi ahi qual triflezza L’ alto gioir mi fcema ? Oimè , Italia la bella Par che a tue fpadé impallidifca, e gema, Tu vedi sbigottir di tua grandezza. La grande, ( ah non più quella ) Al cui nome tremò 1’ ultima Tile. Soffri, invitto Signor, eh’ io ti ricordi, Che già fu ne’ Trionfi a te fimile » Non molfe i Goti ingordi L’ argomento gentile ; Ma ben deftan fovente in gran Virtute f Magnanima pietà le gran cadute. XIV. Fu gloriola, e l'uà potenza avea Sì ferme , ampie radici, Che potea più collanti ' j Softener gli Aquiloni a lei nemici . Ma il Ciel, che di quell’ armi altro intendea, A’ gran Vicarj, e Santi Volle , che folle alfin placida Reggia, Già terribil Regina , or dolce Madre, Con armi di pietà per noi guerreggia. Già temendo tue fquadre Par che dal Ciel la chieggia. Deh qual gloria fia mai, che vinta cada Difarmata innocente a sì gran fpada ? Yy 2 355 XV.