132 D e l l a Perfetta deli uomo, che parla copiofo , e favio . XI. Molle e il colpo dell appcnfatv male . XII. La figliuola traeva la poppa , e còli fiuto del latte alleggeriva della fame della fina madre , XIII. Quando le Vertu fiottane e fono fortemente occupate, le fovrane fe ne mpedifcono . Se tali fono i piu vaghi parlari, A' ¿’Omero nell’Iliade al fedo , per Bellorofonte : O'r SuiióntxiiS'o» . irxTop xi/Spànar xktilvan/, cui Cicerone ad verbum elegantemente tradufle , lpfe fuum cor edens , hòminum vefiigia vitans. E’1 noftro gentiliffimo Lirico nel Sonetto , lodato infin dal TaiToni : Mentre che'l cor dagli amorofi vermi Fu confumato. In Comma quelle voci Rangola-, che fi dille anche Rangola , Rancura, Rancore , altro non importano, che un Ri cor dar-fi , e un Rtpenfare . Ma Rancore è un particolare rilovvenirfi, e un ricordali della ingiuria ricevuta , la qual fovvenenza è medicata dalla dimenticanza . Dante in quella nobiliffima comparazione del Purgatorio al Cantò deiimo : Come per foftentar folaio , o tetto, Per menfola , talvolta uria figura Si vede giunger le ginocchia al petto ; La qual fa del non ver , vera Rancura Nafcere a chi la vede : cosi fatti , Vid' io color, quando pofi ben cura. - Rancura qui a mio giudizio non è tanto Affanno , doglienza , compaffwne, ficcome fi fpiega nel Vocabolario; quanto Penfamento, penfiero, fantafia , immaginazione . L’ efemplo portato dagli Ammaeftramenti degli Antichi , è prefo da Seneca de Tranquillitate animi , ficcome fi dice, nell’edizione del Rifiorito , fatta in Firenze nel 1661. alla Difiinzion quarta , Rubrica feconda, numero fedo; ed, è citato nel Vocabolario alla Voce Rangola. Dice adunque l’Autore degli Ammaeftramenti, cioè Fra Bartolommeo da fan Concordio di Pifa , che gli cont-pofe in Latino ; e poi furono volgarizzati . Seneca de Tranquillitate animi ; Non ci diamo troppo ne' noflri intendimenti, e Rangole ; trapaliamo in quelle cofe , in che gli accidenti ci menano . Seneca ’de Tranquillitate al Cap. 14. in principio; Faciles etiam nos facére debemus, ne nimis deflinatis rebus indulgeamus; tranfeamus in ea, pj qua nos cafus deduxerii . Intendimenti , e Rangole-, fono le intenzioni , e i fini , che uno fi prefigge nella mente d’arrivare a con-fegurre quella tal cola , e le follecitudtni , e i penfieri Laidi e fidi , che intorno a quella fi pongono, penfandovi giorno e notte, abbandonandovi!] , e perdendovi!! dietro alla dellinazion fina della mente, e della volontà ; co fa al vivere pacifico , e queto perniziofiilìma , e nemi-cifiima della tranquillità , e del ripofo , di cui in quell’ aureo Libro il Maeftro Seneca dona iquifiti, e ammirabili, i utili ammaeftramentr. Lo ftefib Volgarizzatore degli Ammaeftramen-ti uso anche la Voce Rangolo, lo defilo che Rangola , alla Diftinzione 27. Rubrica 2. numero 6. ed e citato 1 efemplo nel Vocabolario , ma io il rapporterò qui più diftefo ; ed è più bello, e molto migliore del (opraddetto portato dal Safviati , il quale non fece fcelta più che tanto, credendo che tutto era puro, tutto era bello, e come s’ è detto , mife quegli efempli, be quali primieramante s avvenne. Dice adunque Bernardo ad Eugenio : O Grandezza , croce de tuoi dejtderatort, come tutti gli tormenti e a tutti piaci ! niuna cofa più duramente affligge, e niuna ptu moltamente tempefla ; e appo i miferi mortali niuna cofa è più folenne, che i an-got Juot, uoffi vedere in S. Bernardo de Confiderà*ione ad Eugenium , qual voce Latina ridonda a quella Rangoh. Fra Guittone d’Arezzo , Frate Godente di S. Maria, nelle Lettere Aianolcntte , che fi confervano appreffo il Signor Ball Gregorio Redi, eruditiifimo Cavaliere, XS"° • P°re » Sl,gtl°r Prancefco di felice ricordanza , citato dal Vocabolario in q ette Voci, ula Rangulo, e Rangulare nella Lettera 34. Rangola pecuniale non f abbandonerà mai vivo, razio • crefcentem fequitur Cura pecuniam. E nella medefima Lettera 34. E Virtù pflfi Kan^findofi fififii <*e portando non tolto potuto ti fla . Toglierei via quella pa-t> -, x / Percil^ può efferfi intrufa dalla vicina portando , leggendo tutto il paffo così : £ fi ‘fi ¡e&^ndo, e Rangulando quello, che portando non tolto tifila , cioè la Virtù , la quale è fifi fi\ 1 °Crate- r °nico perir 0 pure , che portando non tolto effer potuto ti Jia, cioè, non ti fia potuto effer tolto. . ’ r all’nrYpVnP^T* a^afafi fi > che fa fi debbono , e non farle . Neente è più vicino il» da À £ f c °’ ,ne] ? 8uifa Mente da Che , cioè Quid . Così da Nec unus , che lo Spagnolo dice Ninguno , e poi da noi fi dille Ninno , ficcome Netti'