Poesia L i b. III. 141 moftrato i migliori Scrittori ( a ) degli ultimi due Secoli ; laonde può dirfi che la Lingua noftra non fedamente dopo la morte del Boccaccio non è caduta , ma fi è Tempre più perfezionata , illuftrata , -arricchita ed effere quel fecolo chiamato d’ oro un fogno della noftra Modeftia ( b ) , è uno fmoderato incenfo da noi dato al merito degl’antichi (c) . Da loro fenza dubbio s hanno a prendere le regole della Gramatica noftra , e infinite belle frafi o forme di dire ; all’ autorità loro eziandio fi dee bene fpeifo più torto ricorrere , che a quella del volgo moderno , e de’ moderni Scrittori per bene fcrivere : ma non perciò poifono elfi pretendere il principato ; nè noi dobbiamo alla cieca ufare tutte le parole , e frafi dagli antichi ufate , richiedendoli il difeernimento , e il confentimento de i Dotti pofeia vivuti , i quali hanno accettato o non accettato le merci lafciate a noi dagli antichi ne’ Libri , o paliate a’ noftri tempi ne i vivi Dialetti . Ancor Cicerone , e i Latini per ¡fcrivere con leggiadria , e regolatamente la Lingua loro, facevano gran conto dell’ autorità d’ Ennio ( d ) , di Plauto , di Catone , e d’ altri vecchi ; nè lafciò per quello di dirfi (e) , che folo nel tempo di Tullio era l’Idioma Latino pervenuto alla fua perfezione; e i Latini di quel tempo fi aftenevano anch’elfi dall’ adoperar moltilfime voci , conftruzioni , e locuzioni d' Ennio, di Plauto , di Catone &c. (zi) Queda mededma autorità di accrefcere , come già fece il Boccaccio per tedi mori anza del Salvia» , la malfa delle parole , e formare per fe delio molti parlari ; non d vuol negare a niuno in una Lingua viva , il cui ufo vegliarne , e 1' occalione di trattare varie , e in queda Lingua nuove materie , vaghe , e nuove , e neceffarie forme di parlare a gran dovizia ne fotfiminidra . Cantra il Bembo difende aliai bene la caufa di Dante , e coatta il Tomitano ancora , il dotto nodro Gentiluomo Carlo Lenzoni nella Dife-fa di Dante- (b) Se quel Secala chiamato d' oro , è dato un fogno della noftra modeftia , il chiamare il buon Secolo della Lingua quedo nodro , effendo noi ne;! medefimo tempo giudici , e parte , potrà parere un eccedo della nodra prefunzione - E-’l Secolo , che verrà , ci pagherà della delta moneta f e prendendo ardire dalla irriverenza nodra verfo i nodri maggiori , che il Regno della Lingua dabilirono , non faranno né anche eflì verfo la nodra memoria pietofi ; e da per loro fi grideranno-, e bandiranno per li migliori , e più puri favellatori. ( c) E' uno fmoderato incenfo da noi dato al merito degli antichi . ) Piacenti ciò , che con molto difeernimento e giudicio al fuo folito in quedo propofito degli antichi Quintiliano Lib. X. cap. I. Noi non dobbiamo alla cieca ufare tutte le parole , e frafi dagli antichi ufate . Vero , veriffimo . Non ci può edere verità più vera . Adunque non poifono elfi pretendere la palma , o per dir meglio , la prerogativa , dal terreno , e dal Cielo , e dalla dagione , in cui viifero , d’ avere , con tutta la tara delle voci da non ufarfi , parlato candidamente , e fchiettamente nel loro nativo Idioma : non lo concederei così agevolmente . (d) Facevano gran conto della autorità di Ennio , di Plauto ec. ) Anzi facevano unico conto della autorità degli Scrittori antichi in materia di Lingua ; e a loro , nelle difpute di quella , ricorrevano. (e) Non lafcio per quefto dì dtrft , che folo nel tempo di Pulito era l idioma Latino pervenuta alla fua perfezione . ) Non fo , chi allora lo diceffe . Certo , che- quefte deputazioni non parea che ci'foffero . Ci è però fempre dato-, chi ha avuto poca divozione verfo gli antichi , come Orazio biafimatore a fpada tratta di Lucilio, di Plauto , e